La Toscana in comune, così come la lingua tagliente e le battute sibilline, dette tra un misto di serietà e ironia, ottanta chilometri a dividerli alla nascita, centoquaranta per le proprie sedi lavorative. Juventus-Inter è anche uno scontro di idee tra le due panchine comandate, una, dal livornese Allegri, l'altra, dal fiorentino Spalletti, due toscani al comando della Serie A. Galeone e Lippi come riferimenti, per due tipi di gioco all'apparenza simili, ma diversi. Pragmatico, dogmatico e temperato il calcio di Allegri, che da buon livornese predica calma, anzi halma; offensivo, avvolgente e rapido quello di Spalletti, il primo importatore del 4-2-3-1 in Italia. 

Il calcio proposto dal tecnico bianconero è variato molto in questi anni. Al Cagliari era uno che badava molto al bel gioco, cosa che gli è valsa la chiamata da parte di Berlusconi e Galliani per allenare il Milan, dove ha iniziato a badare un po' di più al risultato, prima di guardare come esso arrivava. Alla Juventus, lì dove vincere è l'unica cosa che conta, è giunta la trasformazione definitiva: la prima cosa è il risultato, se lo si porta a casa con il bel gioco è un surplus. In bianconero, Allegri, ha sempre privilegiato la rosa rispetto al modulo, cambiando quattro schieramenti in quattro anni, mostrando così la sua versatilità tattica e la sua intelligenza nello stabilire il miglior modo di trarre vittorie dalla sua squadra schierando tutti i più bravi in campo, come fatto lo scorso anno con il 4-2-3-1. La base, però, resta sempre la difesa. La linea davanti al portiere deve essere il punto di forza, perché come ripete sempre "I campionati e le coppe li vince chi prende meno gol". L'altro punto fermo del calcio allegriano sono le ripartenze, veloci e letali sfruttando la qualità dei giocatori offensivi, che quest'anno alla Juventus abbondando e hanno mostrato tutta la loro forza nei contropiedi del San Paolo

Il tecnico livornese dopo alcuni mesi tremebondi, soprattutto a livello difensivo, sembra aver trovato la ricetta giusta anche quest'anno e da quattro partite non subisce gol (Barcellona, Crotone, Napoli, Olympiakos). Dopo le vittorie fondamentali contro partenopei e greci, Allegri si prepara ad affrontare un altro match importante, giocandosi per la prima volta dell'anno la testa della classifica. Il Derby d'Italia è sempre un incontro speciale e questa volta lo sarà ancora di più, perché l'Inter di Spalletti, vincendo, diventerebbe ufficialmente una seria candidata allo Scudetto, con buona pace degli scaramantici tra cui c'è anche il tecnico di Certaldo. 

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A differenza di Allegri, Spalletti, predica un calcio più offensivo nato proprio in Toscana per poi esplodere a Roma nel secondo lustro degli anni dieci del duemila. L'allenatore nerazzurro, dotato di fino occhio tecnico-tattico, riesce a capire ogni peculiarità dei singoli a disposizione, trovandogli anche nuove porzioni di campo dove agire e rendere al massimo delle proprie possibilità, come fatto negli scorsi anni con Radja Nainggolan, esponenzialmente cresciuto nella realizzazione e che ha terminato lo scorso campionato con undici reti all'attivo, prima volta oltre la doppia cifra in carriera. Spalletti ha provato a trovare il Nainggolan interista, schierando a partite alterne  nel suo 4-2-3-1, modulo mai variato e di cui è un fedelissimo da ormai dieci anni (altra differenza rispetto ad Allegri), Joao Mario e Marcelo Brozovic, trovando forse in quest'ultimo la chiave di volta. Il modulo fisso del tecnico toscano è uno schieramento che crea un gioco avvolgente, che si sviluppa principalmente sulle fasce, culminando nel cross verso il centro dell'area di rigore, lì dove agisce il rapace da venti marcature a stagione, che sia Montella, Dzeko o Icardi, l'uomo che poi farà la fortuna della squadra allenata del tecnico di Certaldo. 

Un altro, grande, aspetto che caratterizza Spalletti sono le conferenze stampa. Negli ultimi anni a Roma ogni conferenza è stata uno show, con lo spostamento a Milano si è un po' placato, forse contagiato dalla tempra mite meneghina, ma il suo modo di comunicare è unico nel mondo del calcio nostrano. Il toscano pesa ogni parola che usa tramite una ricerca certosina del termine adatto per quella situazione, quel giocatore o quella fase emozionale del gioco, infondendo sempre fiducia e forza nella propria squadra.  

I due tecnici toscani sono quindi simili per certi versi, d'altronde scorre sangue di naccherino nelle vene di entrambi, e lo dimostrano quando devono parlare ai media; in campo, però, le idee di calcio sono differenti, quale è la migliore verrà decretato dal campo sabato sera, anche se negli ultimi anni il bianconero può considerarsi in vantaggio.