Manuel Gerolin, ex capo degli osservatori dell'Udinese, è tornato qualche mese fa nelle vesti di DS. Dopo un momento di grande difficoltà, le Zebrette sembrano essere riuscite ad imboccare la strada giusta, ai microfoni del Messaggero Veneto spiega il suo pensiero sull'Italia e i prossimi obiettivi dei bianconeri: «Siamo arrivati a un momento chiave, ma devo ammettere che sono fiducioso, vedo lavorare tutti con la mentalità giusta»
Il direttore ricorda con piacere il passato da osservatore: «Ho viaggiato tanto, in lungo e in largo e devo dire che noi italiani che non abbiamo saputo aiutare la crescita di questo sport».
Da vecchio "esploratore" dunque il suo pensiero sull'eliminazione dell'Italia è abbastanza chiaro: «Dispiaciuto, sorpreso no. In definitiva per vent’anni abbiamo coperto le nostre magagne. Nel 2006, poi, quando abbiamo vinto la Coppa del mondo a Berlino, noi ci siamo messi a fare festa, gli altri a lavorare, come ha fatto la Germania che abbiamo battuto. Invece quelli che dovevano recuperare terreno, a livello di strutture e di regole, eravamo noi».
In tanti dicono che bisognerebbe partire dalla fondazione delle seconde squadre e dalla ricostruzione dei vivai, ma Gerolin guarda più in là: «Non solo. È chiaro che, guardando altrove, ti accorgi che un po’ tutti, dalla Spagna all’Inghilterra, hanno cercato di trovare delle soluzioni, ma credo che il gap principale sia rappresentato dagli impianti che noi non abbiamo saputo rendere davvero moderni per Italia 90. Sono state messe delle pezze, fatti investimenti sbagliati. Così alla fine abbiamo perso il grande pubblico».
In questo senso il campionato inglese ha dimostrato di poter riattirare tanto pubblico con stadi nuovi e moderni: «Sì, ma avevamo noi il più bel campionato del mondo. Il più bello nei peggiori stadi d’Europa. Ricordo quasi vent’anni fa, quando andai a vedere una partita a Lisbona, in Portogallo: entravo nel vecchio impianto del Benfica, lo storico Da Luz, mentre accanto stavano costruendo quello nuovo. E mi chiedevo: possibile che non lo facciamo anche in Italia per San Siro, per esempio. Ora paghiamo anche questa arretratezza. E ora si può capire perché i Pozzo, che hanno voluto rifare lo stadio da soli, sono all’avanguardia».
Stadio gioiello dei Pozzo, ma non c'è solo quello: «Anche la capacità di non fare il passo più lungo della gamba. Ho visto tanti stadi negli ultimi vent’anni, tanti giocatori, ma anche molte società fallire. La politica degli ingaggi contenuti che fa l’Udinese è l’unica in grado di garantire un futuro».
Dopo un periodo negativo, il trend sembra ora invertito: «L’ho detto, sono fiducioso: non lo dico per contratto. Credo che le vittorie con Sassuolo e Atalanta abbiano saputo indicarci la via da seguire per arrivare nella parte sinistra della classifica».
Questo carica ancora di più d'importanza la sfida con il Cagliari, dove l'Udinese potrebbe finalmente togliersi dalle zone basse della classifica: «Fondamentale, perché sarà la prima di una serie di duelli che vogliamo vincere per girare alla fine dell’andata in una posizione più tranquilla e consona al valore della nostra rosa: avevamo dodici convocati dalle nazionali in questa sosta, tre dei nostri andranno al prossimo Mondiale, non siamo insomma una squadra di poco talento, come qualcuno racconta».
Il momento di difficoltà però è innegabile: «Vero e lì dobbiamo fare i complimenti a Delneri che ha saputo rispondere. L’avete punzecchiato e lui ha risposto sul campo con delle scelte che hanno portato punti preziosi».
Gerolin non vuole mettere obiettivi precisi: «No, non cado nel tranello. Vogliamo giocarcela con tutti. Ora avremo il Cagliari, poi il Napoli e il Perugia in Coppa Italia, in casa. Ci sarà spazio per tutti».
Anche su Balic il direttore non si scompone: «Questo lo dovete chiedere a un altro. Io so solo che lo sta seguendo con attenzione particolare e che con la Lazio lo aveva inserito nella lista dei titolari».