Ora allena (con ottimi risultati) il Venezia Calcio, ma fino a qualche anno fa Filippo Inzaghi è stato uno degli attaccanti italiani più forti di tutti i tempi. Autore di reti importanti e di prestazioni spettacolari con la maglia del Milan, Pippo ha parlato del suo attuale momento e di quello dei rossoneri, concedendosi in esclusiva a La Gazzetta dello: "L'habitat naturale del Milan è la Champions, ma il presente impone di ripartire e se il presente si chiama Europa League occorre affrontarla a testa alta senza fare gli schizzinosi. E poi ha deciso tutto la classifica, no? Tra l'altro questa Europa League mi fa fare un sogno. Una finale Milan-Lazio, che coinvolgerebbe i miei affetti familiari e calcistici. Sarebbe il massimo. I rossoneri possono arrivare in fondo perché hanno un organico importante e quindi occorre quantomeno provarci. Anche se quando si cambia molto comunque serve tempo" sottolinea Inzaghi, che non si sbilancia sul tifo dell'ipotetica finale.
Parlando, invece, della prossima sfida dei rossoneri, Inzaghi non può non ricordare la Champions vinta otto anni fa, battendo il Liverpool proprio nello stadio dell'AEK Atene: "Quando penso all'Olimpico penso a qualcosa di straordinario. Io non ci sono più tornato, anzi non sono proprio più tornato ad Atene e mi auguro di poterlo fare, ovviamente da allenatore. Sarebbe una grande emozione. Mi auguro che l'Olimpico sia di buon auspicio per il Milan e che da lì possa ripartire per tornare in alto. In realtà non mi piacciono gli impianti con la pista di atletica, mi piace sentire la gente addosso, ma per me è e resterà lo stadio più bello del mondo".
E, a proposito di quella finale "La prima notte ho dovuto prendere un sonnifero e nelle successive dieci, giuro che non sto scherzando, non ho proprio dormito. Mi svegliavo di continuo pensando sempre di sognare. Poi vedevo sul comodino la targa vinta come miglior giocatore della partita e capivo che era tutto vero. A quella targa tengo da morire: tempo fa mi hanno rubato in casa a Milano ed è stata la prima cosa che ho cercato. Potevano prendermi tutto, ma non quella. Per fortuna non l'avevano presa. Il giorno prima Ancelotti mi prese da parte e mi disse: 'Non ho dubbi, giochi tu'. Però non stavo bene, ero mezzo stirato e quindi avevo addosso una pressione enorme. Pensavo: se nella prima ora di gioco non riesco a combinare nulla, mi aspetta una sostituzione inevitabile. Alla vigilia stavo pranzando, quando mi chiamarono al telefono. Era Berlusconi. Non ricordo con esattezza se mi pronosticò che avrei fatto due gol, o se mi fece promettere che li avrei fatti. So solo che successe. Pazzesco".
In ultimo, il tecnico del Venezia parla del collega Montella, al centro di un momento poco felice e del club lagunare: "Con Montella ci siamo giocati la classifica marcatori nel 1996-97, io giocavo a Bergamo e lui alla Samp. Alla fine la spuntai io. Siamo anche stati compagni in Nazionale, gli auguro il meglio. A Venezia stiamo facendo molto bene, è vero, anche contro le più forti. E questo ci fa ben sperare. Con forza, organizzazione e ferocia si può fare un buon campionato. La fortuna di un allenatore è trovare un club e una squadra che ti seguono. E io li ho. Perché nessun tecnico dipende soltanto da se stesso. Non ho rimpianti, semplicemente occorre trovarsi al posto giusto nel momento giusto e mio fratello alla Lazio ne è la prova migliore. Al Milan ho gestito un gruppo complicato in un momento difficile e questo mi ha fatto capire che posso fare questo mestiere".
[fonte: calciomercato.com]