Genova, stadio Marassi. Il primo giro di orologio è appena iniziato e Pandev salta Alex Sandro come se nulla fosse, mettendo al centro una palla insidiosa che Chiellini spazza via. Ma tra il difensore e la prateria di campo c'è Pjanic ad ostacolare il rinvio che, come un rapace d'area, spinge nella sua porta il pallone. Il cronometro segna appena venti secondi e la Juventus è già sotto, subendo il primo gol del campionato. Per mano di un suo giocatore. Una beffa che sa di amaro, più delle altre volte. Corre il cronometro ed arriviamo al minuto sette. Galabinov stoppa palla, Rugani ingenuamente lo tocca da dietro. Il VAR decreta la massima punizione, sorvolando tuttavia sulla posizione irregolare del giocatore genoano. Ed è due a zero. I fantasmi dello scorso anno riaffiorano più potenti su quello stadio che da sempre è ostico ai bianconeri. Ma stavolta no. La Juve non ci sta.
Passano i minuti e Perin compie miracoli per festeggiare la sua convocazione in Nazionale dopo i terribili infortuni. Pjanic però cerca uno scambio con Higuain, entra in area e Dybala fulmina il portiere rossoblu, accorciando le distanze. La Juve attacca, il Genoa va di contropiede, fino alla fine del primo tempo, momento in cui il VAR torna protagonista. Mandzukic, imbeccato da Cuadrado, colpisce al volo ma Lazovic contrasta. Quattro minuti di pausa e di silenzio. È rigore. Lazovic ha il braccio troppo staccato dal corpo. Da dischetto ancora Dybala che fa due a due con un tiro potente e preciso. Perin indovina il lato ma quella palla non si può prendere. Si va negli spogliatoi sul pareggio, rimonta parzialmente completata.
La Juventus che scende in campo è arrabbiata. Non ci sta a perdere di nuovo ed in quel modo. La Juventus onora il suo motto, quel "Fino Alla Fine" stampato delle maglie del 2012/2013 che è entrato nell'immaginario collettivo di tutti i giocatori che varcano la soglia di Vinovo. Cuadrado, evanescente per tutta la partita, viene ben imbeccato da Mandzukic che restituisce il favore. Stop di petto, destro-sinistro sul secondo palo ed è sorpasso. Rimonta completata. Mezz'ora per tenere il risultato contro un Genoa che esige il pareggio. Ci prova Palladino ma Buffon non si fa cogliere impreparato. Ed al novantatreesimo, Dybala decide di portarsi il pallone a casa, segnando il terzo gol della gara e firmando così la prima tripletta con la casacca bianconera. L'arbitro fischia tre volte, la Juventus si porta a casa tre punti, Dybala segna tre gol.
Troppi i giocatori fuori condizione, troppo macchinosa la manovra, troppo dipendente da Dybala. Questa è la descrizione della Juventus vista ieri pomeriggio in pillole e guardando il bicchiere mezzo vuoto. Dall'altro lato, la Juventus che non muore mai, la Juventus che ha messo tutta sè stessa, la Juventus che ha usato la testa e la ragione, riponendo l'isterismo e l'istinto. Come dice il capitano Gianluigi Buffon, questo uno-due avrebbe tagliato le gambe a chiunque. Lo fece con la Juventus lo scorso anno ma non ieri. Ieri no, ieri la scena ha visto protagonisti il cuore e la ragione, la classe e la rabbia agonistica nonostante le gambe pesanti ed il fiato corto, nonostante un VAR ancora imperfetto. Non c'è spazio per le polemiche, la Juventus di Marassi ha dimostrato che c'è fiducia e c'è coesione, in un gruppo dove tutti sono importanti, dove non c'è spazio per chi chiede più importanza di altri o chi vuole fare come meglio crede. Oggi c'è la Juventus. Il resto non conta.