Antonio Cassano sembrava essere pronto a tornare in campo, dopo la fine del rapporto complicato con la Sampdoria targata Ferrero. Il Verona aveva scelto di scommettere ancora una volta su di lui, ma è stato lo stesso Cassano ad abbandonare tutto appena qualche giorno dopo la firma del contratto con i gialloblu. Adesso il barese aspetta un'altra chiamata che se non dovesse arrivare entro settembre significherebbe addio al calcio giocato.

La conferma arriva dallo stesso Cassano nel corso di un'intervista concessa alla Gazzetta dello Sport. Per ora, comunque, due squadre si sono fatte avanti per lui, una in A e una in B: "Chi sa giocare può stare anche fermo però mi sono dato un termine. Se non arriva la chiamata giusta entro set­tembre smetto. Sono senza agente: chi mi vorrà saprà co­me contattarmi. Per adesso ci sono Entella o Cagliari, nient'altro. Con Gozzi ho un rapporto che va al di là del calcio. A gennaio c’era stata una stretta di mano però poi non me la sono sentita di andare in B. L’ho spiegato an­che a lui, mi ha capito. E lo rin­grazio. Ora sono pronto: porta­re in A l’Entella diventerebbe il mio sogno. A Cagliari invece ri­troverei Tibaudi, il mio prepa­ratore storico: lui sa come alle­narmi. E poi io amo la Sarde­gna e la sua gente, ci vado in vacanza ogni anno. Con Giulini c’è stima e simpatia reciproca".

Si torna a parlare anche di quanto successo con il Verona, ai limiti del paradossale: "Pentito per Verona? No. Non era scattata la scintil­la. Dopo 3­4 giorni ho detto a Pecchia che volevo andare via, mi sentivo come un pesce fuor d’acqua: tutti giovani, non era l’ambiente ideale per me e ho preferito lasciare subito e non a campionato iniziato. E non è un problema fisico: in 15 giorni avevo perso 7 chili. Basta chiedere al Verona: i risultati dei test sono lì. A 25 anni avevo un’altra forza fisica e mentale, a 35 non ce l’ho fatta a ripartire completamente da zero. A Ve­rona mi sentivo un alieno. Ma non ho mai pensato di lasciare il calcio davvero. Questo è il mio mondo. Cassano è un uomo felice. Molto felice. I figli e la fami­glia vengono prima di ogni co­sa. Non sono né pazzo né de­presso, sono coerente: a Vero­na non mi trovavo bene e sono andato via".