Dicono che, per tutte le cose della vita, la prima volta non si scorda mai. Forse perché si ricorda tutto in maniera puntigliosa come le atmosfere, i momenti, gli odori e i colori. Già, proprio gli ultimi sono in grado di differenziare, dare sfumature diverse alla vita, disegnare e trasformare il proprio corpo un'opera d'arte. E' il caso di Amato Ciciretti, il folletto tatuato del Benevento che ieri, nel match contro la Sampdoria, ha realizzato la sua prima rete in Serie A per la squadra Campana. E' un momento storico per se stesso e per i giallorossi, un momento che arriva dopo quindici minuti, quando la sterzata e il dolcissimo sinistro del ragazzo Romano accarezza la sfera che viene inghiottita dalla rete.

Un'abitudine segnare all'esordio per colui che ha visto la luce il giorno di San Silvestro di 24 anni fa, lui che alla prima partita in Serie B con il Benevento ha timbrato il cartellino. Questione d'abitudine, questione di destini incrociati per il ragazzo che nasce biancoceleste ma cresce nella Roma che per otto anni lo forma, lo cresce e gli entra nelle vene come se fosse qualcosa di imprescindibile. Dal giallorosso della Roma a quello del Benevento passando da  storie di lavoro e gavetta nelle categorie inferiori con la Carrarese, Pistoiese, L'Aquila e Messina. Storia di un ragazzo, anzi storia di un SuperSayan visto che in quel di Benevento  lo chiamano Dragon Ball per via del colore dei capelli. Un piccolo particolare, le perle del numero dieci possono essere ammirate anche dal vivo, non solo dietro uno schermo.

Fonte foto: Benevento Calcio

Troppo pallido il nero, troppo pallido il buio per un ragazzo abituato a vivere a colori e tatuarsi qualsiasi cosa in ogni dove. Uno che si è presentato sui social con queste dichiarazioni:  "500 retweet e mi tatuo il logo di Twitter", promessa mantenuta ovviamente e uccellino blu sul braccio. Uno che, come premesso prima, ha la Roma scolpita nel cuore e nell'anima con le domeniche passate in Curva Sud, il tatuaggio dello Scudetto e la trafila dai pulcini alla primavera passando per mille partite insieme all'amico Florenzi. Una storia nata nel 2004 quando Bruno Conti lo porta in giallorosso, prelevandolo proprio dalla Lazio, grazie ad una semplice opera di convincimento nei confronti della famiglia di Amato che è interamente tutta giallorossa. 

Estroso ma umile Aamato come le sue parole ai tempi della Carrarese: "Non la vedo come mio padre che mi dà dello scarso perché mi vorrebbe vedere lavorare nella sua impresa edile, né la sparo grossa ambendo a mete impossibili, come il Barcellona", parole proprio di Cicero, soprannominato cosi dai suoi compagni nell'avventura in Toscana. Da quell'esperienza sono passati quattro anni e più di quaranta tatuaggi sulla pelle per colui che è estroso e umile allo stesso tempo, colui che ha lavorato sodo e l'anno scorso si è regalato la prima gioia portando il Benevento in Serie A, per la prima volta nella sua storia, con 6 gol e 10 assist.

Colui che è sbarcato in Serie A al momento giusto, con ventiquattro anni da compiere e quella dieci sulle spalle per salvare il Benevento, dipingere sul campo e colorarsi ancora sognando le diverse sfumature che saprà dargli il futuro.