Un Massimiliano Allegri rilassato, quello intervistato da Paolo Condò in esclusiva per Sky Sport, che si dedica le meritate vacanze pensando però all'immediato futuro bianconero, ricordando nel contempo quanto fatto dalla sua Juventus nella passata stagione. L'allenatore bianconero infatti, nel parlare della finale di Cardiff, non sminuisce affatto il cammino della squadra piemontese: "E' sbagliato considerare questa stagione normale solo per i 40 minuti di Cardiff. Ci siamo assestati fra le migliori d’Europa, dobbiamo continuare a crescere: da quella famosa partita con il Malmoe, qualche anno fa, di acqua sotto i ponti ne è passata e noi siamo diventati grandi in autostima e consapevolezza, ma non basta ancora".
"La finale - continua infatti il tecnico - è una partita secca, da vincere e basta, la tattica conta meno che sulla doppia sfida, come si è visto in questi anni proprio per esempio con Real e Barcellona. A Cardiff il Real ha dimostrato di rispettarci molto, aumentando i ritmi solo quando ci hanno visti in difficoltà". Uno dei punti di forza di questa Juventus è stata il cambio di modulo, passando a quel 4-2-3-1 che ha davvero esaltato tutti i profili offensivi presenti in squadra: "Dopo Firenze ho avvertito il rischio di perdere lo scudetto, che in realtà percepivo già da qualche settimana. Da qui la necessità di spaccare la stagione, di dare una svolta: allora ho pensato a mettere tutti dentro in attacco. Sono pienamente convinto che faremo un’altra grande annata: la sfida è importante, anzi, straordinaria, la Juve deve e può continuare a essere protagonista in Italia, alla ricerca del 7° scudetto e della Coppa Italia, e in Europa con la Champions".
Obiettivi alti, dunque, quelli fissati dall'ex allenatore del Milan, deciso a cancellare la finale persa contro il Real Madrid alzando, magari, l'ambita coppa dalla grandi orecchie a Kiev. Per dominare, il tecnico ricorda uno dei suoi mantra, quello cioè di considerare molto le giocate singole rispetto ai meri dati statistici, che spesso non raccontano tutta la verità: "Quando a fine partita sento parlare di arbitri, numeri e schemi sorrido: si focalizza l'attenzione troppo poco sulle grandi giocate, su una parata di Buffon o su un lancio di Pirlo. E c'è un sacco di gente che sdottora senza capire nulla di pallone". Un vero e proprio affondo ai suoi detrattori, che dal 2014 non perdono occasione per smontare il lavoro del tecnico livornese, abile a superare le critiche costruendo qualcosa di importante.
Uno dei punti di forza di Allegri, infatti, è stato sicuramente la calma con cui ha affrontato la realtà juventina, in un momento delicato come quello dell'immediato post-Conte: "Nel 2014 percepii subito la forza della società, fondamentale per raggiungere risultati. Parte dei tifosi erano diffidenti, ed era normale, in quanto erano legati ad Antonio Conte, ma io guardando la squadra ero convinto che si potesse continuare un percorso vincente, sennò non sarei venuto qui. Il primo anno non ho stravolto nulla puntando a confermarci in Italia e a crescere a livello internazionale. La difesa? Poteva giocare indifferentemente a 3 o a 4, essendo una delle migliori in Europa".
Tra i suoi "senatori", figura sicuramente Andrea Barzagli, a cui Allegri non ha mai disdegnato consigli sia da allenatore che da..calciatore. "Quando lui era a inizio carriera e io praticamente un ex calciatore, gli consigliai di non giocare da mediano se non voleva rischiare di fermarsi in Lega Pro - ricorda sorridendo Allegri - ma di arretrare di una quindicina di metri in campo . Il secondo anno non è stato semplice, partivamo da addii dolorosi, i “senatori” dello spogliatoio si trovavano molti compagni nuovi ed era necessaria l’amalgama. Ma io ero convinto che avremmo vinto lo Scudetto, lo ho detto ai giocatori e ho i testimoni: mi faceva ridere vedere chi parlava con troppa facilità di Juve finita. Le legnate che prendemmo ci servirono molto, per compiere lo straordinario percorso di 25 vittorie, una cosa irripetibile".