Quando in estate la Juventus decise di aggiungere al proprio roster Dani Alves, non furono pochi i nasi che si storsero. Questioni di età, prospettive, a tratti motivazioni: queste le ragioni degli scettici; legittime, per carità, ma chi dall’altra parte aveva sostenuto l’acquisto del brasiliano ne aveva di migliori, a partire dal carisma e dall’esperienza internazionale, oltre che la qualità, principale ragione per cui Good Crazy ha intrapreso il percorso da Barcellona a Torino. Probabilmente ciò che è passato inosservato riguarda un altro aspetto, ovvero la penuria di specialisti nel ruolo. I terzini sono una rarità, quelli con esperienza internazionale ancora meno, quelli da grande squadra un numero ulteriormente ridotto.
Sabato sera, a Cardiff, in finale di Champions League, sia la Juventus che il Real Madrid potranno contare su elementi da top five – sia in valore assoluto che per rendimento – delle rispettive fasce: Dani Alves, per l’appunto, e Carvajal a destra, Alex Sandro e Marcelo a sinistra. Tre brasiliani su quattro, curiosamente. Dal punto di vista delle caratteristiche è difficile trovare analogie tra le migliori peculiarità che contraddistinguono gli uomini di fascia, mentre i compiti sono ben più simili e vanno a intrecciarsi, anche sulla stessa fascia.
Dani Alves e Marcelo, infatti, si troveranno un di fronte all’altro in un duello tra i più attesi di tutta la partita. Connazionali innanzitutto, amici, ma da sempre rivali, basti riprendere in mano il libro della storia recente e cercare alla voce “clàsicos”. Il classe 1984 in forza ai bianconeri finora se l’è cavata piuttosto bene contro i conterranei verdeoro, citofonare Neymar per maggiori informazioni, ma Marcelo è forse uno degli uomini a cui Massimiliano Allegri dovrebbe dedicare un occhio di riguardo. Si può leggere anche in questa chiave la decisione di mandare in campo Barzagli dal primo minuto al posto di Cuadrado.
È uso definire un’ala aggiunta il fluidificante mancino dei Blancos, ma in realtà parliamo di qualcosa in più di un semplice esterno che si sovrappone. Aldilà delle responsabilità che si accolla senza alcun tipo di problema in fase offensiva, Marcelo è anche in grado di entrare dentro il campo per dialogare e liberare il sinistro, movimento simile a ciò che tende a fare Dani Alves, che, a dirla tutta, sulla fascia ci sta poco, preferendo le corsie interne e il limite dell’area, per saltare l’uomo e creare situazioni di pericolo. Un po’ anarchico, ma finora, tutto sommato, non è andata malissimo.
Un punto in comune tra i due riguarda la leadership, così come lo status: Marcelo deve ancora spegnere le trenta candeline, ma è già uno dei punti di riferimento dello spogliatoio e dei tifosi, un fedelissimo a cui non è possibile rinunciare e che sembra destinato a terminare la carriera a Madrid. Dani Alves è invece un nuovo acquisto per i Campioni d’Italia, ma basta interpretare il linguaggio del corpo sul rettangolo verde per comprendere quanto il trentaquattrenne sia ritenuto al di sopra della media.
Spostandoci sull’altro versante del campo, invece, possiamo identificare un duello ben diverso da quello ad altissimo tasso tecnico appena analizzato. Esistono fazioni che considerano Carvajal ed Alex Sandro i punti deboli delle rispettive squadre, forse per questioni di reputazione, a tratti anche di charme. Curiosi erano i pareri sul brasiliano l’ex Porto, il padrone della fascia sinistra bianconera: secondo la stampa catalana, era il punto debole della retroguardia di Allegri, l’uomo da attaccare e da mandare in difficoltà. Messi e compagni ci hanno anche provato, ma i risultati sono stati piuttosto rivedibili.
L’atletismo e la fisicità di Sandro lo rendono forse un unicum tra i pari ruolo, la sua esplosività non è solo di gamba e velocità, ma anche di stazza. A questa va aggiunta una capacità di saltare l’uomo piuttosto rara per corpi di questo tipo, sia nel breve che nel lungo il dodici rappresenta un pericolo per ogni dirimpettaio. L’arduo compito di contenerlo toccherà a Carvajal, il quale potrebbe subire fisicamente, ma ha sufficiente gamba per poter pensare di limitare l’avversario al minimo sindacale.
Intelligenza prima di tutto, capacità di fare sempre la cosa giusta e di essere correttamente posizionato sia difensivamente che offensivamente. Carvajal è uno di quelli che il posto l’ha dovuto sudare per davvero, basti ricordare la cessione per una cifra piuttosto ridicola al Bayer Leverkusen nel 2012, poi il ritorno, il posto da titolare inamovibile e la scalata all’essere un intoccabile. Pochi gol, pochi assist, ma polmoni e poca paura di spingersi avanti. Raramente dalla sua parte si creano voragini da cavalcare.
Lo spagnolo nella finalissima avrà l’aggiuntiva difficoltà di dover contenere il fisico prorompente di Mandzukic, che sarà spesso cercato dai propri compagni anche con lanci lunghi, rappresentando una variabile tattica impazzita e di difficile lettura: per Carvajal sarà una vera e propria prova del nove, come lo sarà per Sandro, a cui potrebbe essere chiesto di chiudere e seguire i tagli interni di Modric palla al piede. Dall’altra parte qualità al potere: la Juve tende a impostare soprattutto da destra, data anche la presenza di Dybala, mentre il Real ha Kroos e per l’appunto Marcelo nel lato sinistro del campo.
Sarà probabilmente chi agirà meglio sul lato debole ad ottenere un vantaggio, ma, come in ogni singolo aspetto di questa sfida, siamo al fifty-fifty. Ciò che è certo, però, è che pensare a terzini che si limitano ad “allargare il campo” per creare spazi interni sembra alquanto errato: potrebbe esserlo in vari casi, ma non con l’altissima qualità che sabato sera tempesterà le corsie del Millennium Stadium.