Una finale di Champions League è - per chiunque ha la possibilità di parteciparci, allenatore o giocatore che sia - un onore di quelli che in linea di massima capitano una volta nella vita. Talvolta però ci sono delle carriere che si ripetono ad alti livelli talmente tante volte che capita di ritrovarsi, in una partita di questa caratura, ad affrontare il proprio passato: è questo che rende ancora più epico - dal punto di vista soggettivo del calciatore - qualcosa che lo è già di per sè. Dopo la prossima finale del 3 giugno fra Juventus e Real Madrid si chiuderanno tantissimi cerchi e si avrà il forse definitivo compimento di alcune incredibili favole - o tragedie, in base alla fazione di appartenenza.

Basti pensare ad Alvaro Morata. La sua è stata una vita - calcistica ma non solo - a spasso fra Madrid e Torino alla ricerca di una definitiva consacrazione sportiva che sembra avverrà lontano da entrambe le due città con cui lo spagnolo pareva destinato a farlo. Sembrava, quando nel 2015 aveva rubato il posto a Llorente e, nelle semifinali della massima competizione europea per club sfidava il suo passato, quello Blanco. Per colui che all'epoca era il numero 9 bianconero, risposero i fatti: gol allo Stadium e gol al Bernabeu, marcature decisive nell'ottica del passaggio del turno della Signora che poi, di conseguenza, avvenne. Il percorso del canterano madrileno, di pari passo con quello della sua squadra, si interruppe poi nell'ultima partita, quella più importante, a Berlino contro il Barcellona. Ciò non impedì a Morata di siglare il gol dell'inutile pareggio in quell'amara serata in terra tedesca, ma che delineò la caratteristica fondamentale del centravanti iberico: nelle partite che contano, lui è uno che incide. E non poco.

L'annata successiva fu piuttosto travagliata per lo spagnolo, che non riuscì a rendere al proprio meglio a causa di qualche problema personale, ma che confermò in linea di massima tutte le sue doti tecniche ed atletiche, in particolare da gennaio in poi. L'estate scorsa poi è arrivato il richiamo di casa, di Madrid, dove Alvaro sognava di imporsi, tramite la formula della recompra. Il sogno si è rivelato più difficile che mai: l'utilità tattica di Benzema ha limitato il canterano ad un ruolo da super-sub nonostante una media di un gol ogni 93 minuti fra tutte le competizioni, e sembra quindi che l'attuale numero 21 lascerà casa a fine stagione. Ma il 3 giugno il suo peso dalla panchina mostrato anche dai dati potrebbe fare male alla sua ex squadra, e non poco.

Il successore di Morata a Torino è stato non esattamente un attaccante qualunque, Gonzalo Higuaìn. Nel 2013, anche l'argentino è stato scaricato dalle Merengues dopo ben 7 anni in Spagna per favorire l'ascesa di Benzema: venne ceduto al Napoli per la cifra non proprio modica di 37 milioni di euro più 3 di bonus. L'esperienza azzurra del Pipita sul campo è qualcosa di formidabile e si chiude con l'abbattimento del record di gol fatti in un singolo campionato di Serie A, che prima apparteneva a Nordahl; tuttavia, i tifosi partenopei non gli hanno tutt'oggi perdonato l'accettazione del trasferimento nell'estate 2016 alla Juventus, per 90 milioni. Il patto silenzioso fra il nuovo numero 9 e Madama è stato chiaro fin dai primi momenti: io faccio fare il salto di qualità a te, tu fai entrare nella storia me. Sia l'attaccante che la squadra hanno finora rispettato il patto, migliorandosi a vicenda: adesso si promettono di festeggiare in finale, per poter definitivamente completare questo straordinario compito e portando a casa il primo, storico Triplete della storia del club di Corso Galileo Ferraris.

Un altro che ha lasciato la capitale spagnola quasi in sordina per accasarsi dai campioni d'Italia è stato Sami Khedira. Il tedesco fu colonna della mediana Galactica fino al 2013, con cui vinse la Décima nel 2014, anno durante il quale si laureò anche campione del mondo in estate. Nella stagione seguente gli infortuni furono fatali per la permanenza dell'ex Stoccarda, che non se la sentì di rinnovare ed entrò così a far parte, a parametro zero, del progetto bianconero. Lo scorso anno, il contributo del numero 6 è stato importante, seppur ancora limitato da problemi fisici, ma l'annata che attualmente volge al termine di big Sam è stata qualcosa di incredibile: per la prima volta in carriera ha infatti sfondato il tetto delle 45 presenze stagionali e si è piazzato quinto nella classifica degli juventini più presenti del 2016-2017. Per uno professionale come Khedira, il concetto di "vendetta" verso Madrid suona quasi strano: sicuramente però, il tedesco si porterà dietro una motivazione in più quando scenderà in campo.

Ha calcato il terreno di gioco incantando fino a poco più di 10 anni fa Zinedine Zidane e lo ha fatto anche con la maglia bianconera dal 1996 al 2001, quando si trasferì al Real per la cifra allora record di 150 miliardi di lire; il fuoriclasse francese non si è più mosso da Madrid nemmeno come allenatore e la scorsa stagione, subentrato poco dopo capodanno 2016, ha dimostrato di aver avuto ragione con questa scelta, laureandosi poi campione d'Europa giusto 5 mesi dopo, a tempo di record. Una stagione e mezzo, una Liga vinta e due finali di Champions League: difficilmente per il tecnico transalpino non arriverà la conferma in vista della prossima stagione.

L'ex centrocampista ha parlato della Signora in una parte della sua lunghissima conferenza stampa di qualche giorno fa, citando con grande amarezza i momenti più tristi dei suoi trascorsi bianconeri - ovvero le due finali perse contro Borussia Dortmund prima ed, appunto, Real Madrid poi - sorridendo anche ad una domanda sulla possibilità di diventare in futuro l'allenatore juventino. Nonostante sia solo una suggestione, sarebbe particolarmente interessante. Queste le parole a riguardo: "Alla Juve ho fatto 5 anni e sono diventati bei ricordi, adesso sarà un po' speciale questa finale, però la Juve farà la sua finale e noi prepareremo la nostra".

Uno che invece non ha lasciato una memoria positiva di sè, a Madrid, è stato sicuramente Dani Alves. Il brasiliano, con il suo modo di fare sopra le righe, è stato sicuramente uno degli avversari più odiati dai tifosi Blancos, in particolare - ovviamente - a causa dei suoi trascorsi al Barcellona, dove non ha mai disdegnato frecciatine a quelli che sono i rivali storici dei blaugrana. Anche per il terzino - nonostante lui non lo ammetterebbe mai - sarà una finale speciale, per lui quasi con aria da Clàsico: la squadra bianconera fa piglio anche sul suo carisma internazionale per poter prevalere mentalmente sui campioni di Spagna, che sotto questo aspetto sono certamente l'11 più forte della competizione.

Queste storie rendono ancora più speciale una finale già incredibilmente importante: un motivo in più, ammesso che fosse necessario, per non perdersela per alcun motivo.