Nel mare magnum delle classiche considerazioni prima di una finale di qualsivoglia competizione, avvicinandosi all'incontro tra Juventus e Real Madrid in quel di Cardiff, ne salta fuori una tutt'altro che banale e scontata, e che mai come in questo match assume una rilevanza fondamentale. Tutti sanno che sarà una partita che si deciderà sui dettagli, perché di fronte ad un Real sulla carta più forte c'è una Juve che sembra finalmente matura al punto giusto per poter cogliere il grande successo, creando un equilibrio talmente sottile da poter essere incrinato da qualunque cosa.

Ci sono due squadre, due grandi squadre: una è la dominatrice di questa competizione, che dopo aver chiuso in cassaforte la decima  (con annessa maledizione) non ci ha messo molto a portare a casa anche l'undecima; soprattutto è una squadra che nei momenti decisivi, quando ci si gioca tutto in un incontro secco, difficilmente stecca. L'altra è da sempre la padrona assoluta del calcio italiano, la signora della Serie A che qualche volta di troppo si è sentita stranamente a disagio in giro per i palcoscenici europei, e che detiene il record (invidiabile o meno, dipende dai punti di vista, perché fino a questo punto bisogna pur sempre arrivarci, come insegna Allegri) di finali perse in Champions League/Coppa dei Campioni.

Sergio Ramos alza la Champions League 2015-2016 | Getty Images
Sergio Ramos alza la Champions League 2015-2016 | Getty Images

Una è quella che anche quando tutto sembra ormai perduto tira fuori il coniglio dal cilindro e rimette tutto al suo posto, e che soprattutto non perde una finale di Champions dal 1981, quando fu Alan Kennedy con una grande azione personale a far piangere i madrileni. Volendo parlare di competizioni europee in generale, l'ultima debacle è anch'essa ben distante: all'Ullevi di Goteborg fu l'Aberdeen a punire il Real e a portarsi a casa la Coppa delle Coppe. Da lì 7 vittorie (5 nella massima competizione, 2 in Coppa UEFA) su 7 finali disputate, mai più un passo falso, anche quando tutto sembrava portare verso un'inevitabile resa: come al Da Luz, tre anni fa, quando l'Atletico che già pregustava la beffa ai danni dei cugini si vide punire al 93' dal solito Sergio Ramos, per poi affondare inesorabilmente ai supplementari sotto i colpi di una squadra dalla mentalità inossidabile, capace di mettere a fuoco l'obiettivo e di andarselo a prendere sempre e comunque.

L'altra invece è quella che spesso sbaglia anche coi favori del pronostico, quella che vede sempre mancare qualcosa per arrivare allo sperato traguardo. Lo si è visto nella partita di due anni fa contro il Barcellona, pur contro un organico nettamente superiore; lo si è visto durante lo psicodramma di Manchester e nella finale del '98 proprio contro il Real; e soprattutto lo si è visto nelle clamorose sconfitte contro Borussia Dortmund (nel '97) e Amburgo (nell'83), ferite ancora aperte nella memoria dei tifosi bianconeri. Sei finali perse su otto sono tante, troppe, e Cardiff deve essere l'occasione per ribaltare il trend di quattro sconfitte consecutive nella partita decisiva.

Le lacrime dei bianconeri dopo la sconfitta col Barcellona | Getty Images
Le lacrime dei bianconeri dopo la sconfitta col Barcellona | Getty Images

In tanti avevano sostenuto - forse a ragione, forse a torto - che i blancos sarebbe stato meglio incontrarli in semifinale, come nel 2015, come nel 2003, o comunque in una gara ad eliminazione diretta come nel 2005. Perché effettivamente il Real in una doppia gara puoi batterlo, perché anche loro qualche momento di black-out ce l'hanno, perché anche loro non sempre sono perfetti dietro, e qualche volta anche i campioni lì davanti steccano. Ma in finale mai nulla di tutto questo accade, le merengues si trasformano in un robot programmato per vincere, contro qualunque tipo di circostanza si presenti davanti a loro. E' normale che una squadra capace di recuperare una partita al 93' per poi vincerla 4-1 faccia paura, perché ti sembra invincibile, ti da la sensazione che qualunque cosa tu faccia loro troveranno il modo di venirti a riprendere per poi batterti, come Merckx con Gimondi, come Hakkinen con Schumacher nelle drammatiche rincorse al titolo degli anni '90. E' evidente che i bianconeri siano coscienti di ciò, ma gli uomini di Allegri dovranno essere bravi a farsi scivolare addosso qualunque paura, perché della paura il Real si nutre, con la paura il Real diventa ancora più forte, come un animale che sente l'odore del sangue della preda ferita. 

Il gol di Mihajtovic nella finale del 1998 |EPA
Il gol di Mijatovic nella finale del 1998 | EPA

Ma può questa Juve dalla mentalità salda, dal carattere forte, tatticamente ben messa e indiscutibile sul piano tecnico, sconfiggere la maledizione delle finali proprio contro chi in finale diventa uno schiacciasassi? Paradosso, qualcuno penserebbe, e forse è davvero così. Ma il paradosso esalta i bianconeri, passati nel giro di due anni dalle sofferenze dei campi di Rimini e Vicenza all'espugnare un Bernabeu in visibilio per Alessandro del Piero, capaci di battere in una volata scudetto non per deboli di cuore il Milan di Ibra e Robinho durante un stagione dove nessuno avrebbe scommesso un euro sulla nuova Juve di Antonio Conte, in grado di battere gli stessi blancos in semifinale e di far vedere i sorci verdi al Bayern. Ma la finale è una partita a sé, sarà la parola stessa, che viene da "fine": è forse proprio la fine a spaventare una Juve che sembra invece infinita, che da sei anni guarda tutta Italia dall'alto in basso, è la fine a rendere i bianconeri più vulnerabili di quanto non siano normalmente, così come è la fine ad esaltare il Real, a renderlo praticamente invincibile.

Ma mai come stavolta il traguardo sembra vicino ai bianconeri, che hanno ormai trovato la mentalità necessaria per non perdere l'attimo vincente nel momento decisivo, e soprattutto hanno imparato tanto dalle ultime delusioni: Galatasaray, Benfica, Barcellona, Bayern Monaco. Quattro squadre, quattro partite che hanno segnato la storia recente dei bianconeri, ma anche quattro importantissime lezioni, e gli uomini di Allegri avranno una sola possibilità per dimostrare di aver imparato: Cardiff, 3 Giugno 2017.