Un messaggio, poche parole, la foto di un uomo che scorge l’orizzonte. Sorride, Francesco Totti. Sa quello che stiamo pensando, conosce a memoria ogni battito cardiaco della città che ama. L’ha fatta piangere, gioire, l’ha vista spogliarsi nelle serate primaverili tra le luci dell’Olimpico. Ogni romano ha messo il proprio cuore tra le mani di Francesco, e lui non li ha delusi. L’aspetto emotivo, in queste circostanze, predomina su ogni tipo di razionalità (apparente), perché l’uomo è questo. Cerca sempre una spiegazione compiuta e logica per ciò che logico e compiuto non è. Gli addii struggenti appartengono a questa categoria di emozioni, che tutti detestano, ma in fondo non aspettano altro che viverne uno. E’ proprio l’ultimo atto, quello che dà senso ad ogni cosa. La differenza tra la vittoria e la sconfitta non sta nel percorso, ma nell’istante conclusivo. Ed ecco perché la carriera di un gladiatore, col numero '10' tatuato sulla pelle, non ha nulla di terreno e sconfina i margini dello sport che amiamo. Francesco Totti ci lascia, lascia Roma, lascia la sua maglia, quella che ha amato, quella per cui darebbe anima e corpo fino all’ultimo respiro. Francesco Totti si allontana, per non guardarsi più indietro, perché sa che voltandosi una sola volta, avrebbe mille rimpianti. Non trofei, non vittorie, tanto meno risultati, avrebbe l’enorme rimpianto di essersi tenuto parte di quelle persone, che l’hanno amato e gli hanno donato il loro cuore. Francesco Totti è in ognuno di noi, chiunque ama il pallone ama Francesco Totti, chi ama la vita e i veri valori dello sport ama Francesco Totti. Ma nessuno è in grado di capire come può un uomo “essere” una città e la città assumere le sembianze di uno solo. Francesco Totti è uno, Francesco Totti è trino.
Mi siedo su di una panchina, in un parco alle porte di Pomezia. Mi accendo una sigaretta, c’è un’aria leggera ma il caldo estivo inizia a farsi sentire. Noto un ragazzo, già seduto sulla stessa panchina. Mi guarda. Mi osserva. Ricambio lo sguardo, ha gli occhi improvvisamente lucidi e un’aria triste. Gira il capo e si tiene la testa fra le mani, quasi sospirando. La cosa mi incuriosisce e chiedo al ragazzo cosa fosse successo:
“Il mondo mi crolla addosso. Tutto ciò che avevo di più prezioso sta per sparire, in un attimo di follia che non riesco a spiegarmi”.
Lo invito a fare chiarezza.
“Francesco Totti si ritira, domenica sarà la sua ultima partita in Serie A”.
Mi mostra lo schermo di un telefono, sul quale è impresso il comunicato del numero dieci giallorosso, sulla sua pagina Facebook.
Non rispondo, mi accendo un’altra sigaretta.
“Sono di Roma, mi trovo qui per caso, avevo bisogno di sfogarmi. Ho paura, paura per la mia Roma. Mi sento come un figlio al quale sta morendo un padre”.
Erano parole sincere, ma quel ragazzo, nella sua disperazione, sembrava davvero lucido.
“Ho vissuto la mia vita tra mille incertezze, una madre e un padre che non ho scelto, una casa che sento mia per imposizione. L’unica sicurezza è quell’uomo con la maglia numero '10'. E’ come se esistesse dalla notte dei tempi. Sono nato con lui, cresciuto al suo fianco, ma mai avrei pensato di vederlo gettare la spugna così”.
Al risuono di quel monologo, ho avuto un momento di commozione, quel ragazzo era spaurito, così ho provato a tirarlo su.
“Ragazzo mio, gli anni passano per tutti. Francesco Totti è un grande, la sua immagine rimarrà scolpita nei secoli. La sua è una bellissima storia, la sua maglia vale più di qualsiasi trofeo. Cosa volete di più, voi romani?”
“Lei non capisce. Francesco Totti ha fondato Roma. Ha plasmato i suoi colori, ha intinto il suo sangue nelle nostre bandiere, come faceva Il Gladiatore!”
Risposi, incalzando:
“E’ vero. Nessuno può comprendere a pieno cosa si prova in un momento simile. Non è un addio qualunque, come una qualsiasi bandiera. E’ Totti! Uno che nasce ogni cent’anni. Uno di quei giocatori che non hanno paura di urlare al cielo la propria fede. E’ una bellissima storia, la vostra. Una storia di onore, coraggio e rispetto. Ma tieni bene a mente una cosa. L’addio di Totti, da un punto di vista esclusivamente tecnico, è qualcosa che Roma ha già vissuto e metabolizzato. Ma l’aspetto emotivo non può essere soffocato con una semplice sostituzione. Il saluto finale è il culmine di questa splendida storia, dove ognuno farà la sua parte. Qualcuno nasconderà le lacrime, altri grideranno al cielo il suo nome. Ma Francesco Totti rimarrà dentro i cuori di ciascuno di noi. Ogni volta che l’Olimpico si riempirà sarà la sua festa, e così un addio già consumato prenderà le sembianze di una favola infinita”.
“Si ma come la mettiamo con domenica?"
Rispose, accendendo un po’ i toni.
"Domenica sarà la sua ultima gara, L’ULTIMA VOLTA CON LA MAGLIA DELLA ROMA, altro che storia infinita, qua la gente finisce per suicidarsi”
Accennai un sorriso, ma quel ragazzo mi era davvero simpatico.
“Daresti la tua vita, per far segnare Francesco ancora una volta, col cucchiaio, sotto la Curva Sud?”
Il ragazzo gonfiò il petto e disse:
“Certamente, sarebbe il mio ultimo desiderio, se potessi scegliere”.
Vedete, in questo semplice incontro, in un dialogo tra due estranei, ciascuno con le proprie preoccupazioni, i propri problemi, Francesco Totti ha segnato ancora. Parlare di Totti equivale ad una declinazione plurale, nelle cui sillabe trova spazio ogni ragazzo, ogni bambino, ogni uomo che abbia mai dato un calcio al pallone nell’arco della propria vita. Il signore sulla panchina diceva il vero, Francesco Totti ha già abbandonato i suoi compagni (come naturale che sia). Non ha più lo smalto dei tempi migliori, per un semplice motivo fisiologico. La partita di domenica è solo una formalità, il saluto di un popolo al suo capitano. L’inchino del re ai suoi sudditi. Si, perché Francesco è un sovrano umile, che non ha mai anteposto i propri interessi a quelli della sua gente. Francesco Totti ha emozionato tre generazioni, ha fatto battere il cuore a milioni di persone, che non hanno mai smesso di gridare il suo nome. Roma è più sola, senza il suo naturale consorte e la città si vestirà a festa per quest’ultima cena in suo onore.
Non è facile scrivere di Francesco Totti, né spiegare ad un non-romanista cosa si prova a perdere il proprio idolo. E' come un lutto familiare, è più di un lutto familiare. Senti parte della tua esistenza che si stacca, se ne va con lui in chissà quale altra dimensione e la paura di vedere il tuo re indossare un'altra corona prende spaventosamente forma. Francesco Totti non ha altro Dio che la sua Roma. E' stato capace, nell'annuncio del suo addio, di lasciare ancora una volta i suoi tifosi col fiato sospeso. Il terrore di vederlo calcare un altro prato che non sia l'Olimpico, prende forma. La paura sta prendendo il sopravvento, in un momento così solenne, quando dovrebbe lasciar posto alla commozione e alla gratitudine. Ma in fondo Francesco Totti è soprattutto questo, un uomo che non ha bisogno di essere compreso e che parla attraverso l'amore per il suo popolo. E se Roma capirà che il suo re sta semplicemente scendendo in mezzo alla sua gente, allora la storia avrà davvero il lieto fine che nessuno riesce a scorgere.