Eccolo, di nuovo. Nella prossima stagione, il calcio europeo darà il bentornato a uno degli allenatori più entusiasmanti di tutto il palcoscenico. Si tratta di Marcelo Bielsa, meglio noto come El Loco. Riappare ai microfoni della stampa, di seguito ecco la sua intervista:

Una lunga, lunghissima carriera da allenatore. Qualche ricordo non guasta mai:"Ho vissuto in Messico e lì ho conosciuto un basco che era stato esiliato. L’esilio ti allontana dai tuoi luoghi ed è molto doloroso, insomma lui era uno specialista nella sofferenza. Gli chiesi “cos’è la cosa più importante per un uomo?”. “Essere amato senza condizioni”, mi disse. Ecco, il tifoso è così: ti ama in cambio di nulla. C’è una frase che ho letto a Siviglia e ho avuto all’inizio difficoltà a capire: ti amo anche se vinci. Cioè il rifiuto alla ricompensa (la vittoria) per aumentare il significato del legame affettivo. Cioè non importa nemmeno la vittoria, ti amo in cambio di nulla".

I segreti di Bielsa? "L’emozione. Quella, appunto, che prova il tifoso. Io proverò di nuovo a suscitare emozioni forti nei miei calciatori. Perché se i giocatori hanno la responsabilità di emozionare gli altri, allora loro per primi devono provare emozioni forti. È un paradosso, ma è così: per essere ottimi professionisti devono vivere con lo spirito da dilettanti, devono sapersi emozionare ancora. E per riuscirci devono farlo in gruppo.

Le differenze, marcate, tra Europa e Sudamerica, una concezione che prende forma da principi opposti: "Il calciatore e il tecnico sudamericano sono più legati al momento “creativo”, al dribbling. Quelli europei invece pensano di più al collettivo. Ecco perché a me piace allenare in Europa. Anche se il calcio italiano negli ultimi anni ha toccato il fondo, mentre quello tedesco è cresciuto, ha saputo costruire e allevare talenti."

Un piccolo pensiero anche per Gerardo Martino, uno dei suoi tanti "discepoli": "Il Tata del Newell’s ’92 era un leader. Quando entrava nello spogliatoio si abbassava il volume delle voci, non volevano perdersi una sua parola"

Una lunga risposta, invece, arriva dal gruppo. Per Bielsa è l'elemento più importante del calcio: "Per me per moltiplicare le sue chance, un gruppo deve essere pronto a difendere l’elemento più debole della squadra. Perché se un gruppo sente questo, in una gara ha il maggior grado agonistico collettivo. Questo pensare al più debole rende sul piano emotivo invincibile un gruppo. Se questo è pronto a sacrificarsi per l’ultimo è imbattibile, almeno emozionalmente. Ma i giocatori oggi di norma non sono educati a essere migliori, ma a essere individualisti. Oggi si fa tanto parlare di coaching, ma è questa la gestione del gruppo. Come costruire la base emotiva di un team vincente. Perché le emozioni moltiplicano le nostre forze. Gestire bene la parte umana di un squadra è il mezzo che segnerà la differenza da qui in avanti, perché su tutto il resto si è già lavorato.

Spazio alla tattica e ai suoi schemi particolari: "In 30 anni avrò visionato oltre 50 mila partite. E gli schemi base sono 10, non di più: 5 con la difesa a 4 e 5 con la difesa a 3. Eccoli: 4­-3­-3, 4-­2­-1­-3, 4­-3-­1-­2, 4-­2-­4, 4­-2­-2-­2 come la Colombia di Maturana e Valderrama. A 3 dietro: 3­-3­-1­-3 (il suo primo modulo, ndr), 3-­4­-3, 3­-4-­1-­2, 3­-3­4 e 3­-3-­2-­2, molto inusuale». El Loco, l'origine: «Il soprannome deriva da quando iniziai ad allenare nelle giovanili del Newell’s. Di solito ogni tecnico aveva 3 team di tre categorie. Io chiesi di allenarne soltanto una, per dedicarmici completamente. Ero il primo ad arrivare al lavoro e sempre l’ultimo ad andar via, perché ero già allora molto ossessivo, studiavo tutto, ogni minimo dettaglio. Così i miei colleghi mi iniziarono a chiamare el Loco, ma in modo molto affettuoso. Ecco, se me lo si dice così non mi dispiace, se è per prendermi in giro invece no."

Modelli seguiti o ammirati? E' olandese, ma non è Crujiff: "Il mio modello è stato Van Gaal. Avrò studiato oltre 250 partite delle sue squadre. Quando, verso la 170ª gara, ho azzeccato i cambi che stava per fare, mi sono reso conto di aver assimilato il suo pensiero. Sa che ho ideato oltre 200 domande standard per capire un giocatore, ma ormai me ne bastano 5. Vuole sapere le più usate? Per esempio chiedo: che ne pensi della povertà?, per me argomento base. O: cos’è la cosa che ti piace fare di più? O i 5 film o libri che più hai amato? Uso lo stesso metodo per le persone comuni. Il film che mi è piaciuto di più, e sono un divoratore di cinema, è stato Il Padrino. Vorrei non averlo mai visto per rivederlo come se fosse la prima volta. Poi le consiglio Il cittadino illustre, del 2016, che rappresenta l’Argentina agli Oscar. Leggo poco invece i giornali. Di recente mi sono piaciute due interviste a Thiago del Bayern e a quel giovane tecnico dell’Hoffenheim, come si chiama…".

Sampaoli? Altro "collega" del Loco, probabilmente è lui il prescelto: "Ma Sampaoli è migliore di me, nella flessibilità cioè nel non innamorarsi delle proprie idee, anche se un po’ devi, per convincere gli altri. Nel mix di umiltà e difesa delle sue idee, lui ha una capacità di adattamento migliore di me."

Ultima e interessante domanda riguardante gli allenatori e le loro filosofie: "Gli allenatori si distinguono in due tipi: quelli che intervengono, e altri che accompagnano. Quelli che correggono e quelli che stimolano. Chi lavora sulla correzione dell’errore e chi sulle cose fatte bene. Chi lavora sull’autocritica e chi sulla dimenticanza di ciò che s’è sbagliato. Ma vincono entrambe le tipologie. Solo non vince chi si traveste nei panni dell’altro tipo. Il calciatore non si lascia ingannare. Per me però non sono alla pari chi combatte per vincere e prende rischi rispetto a chi per paura questi rischi non li prende. Meglio non ottenere punti cercandone 3 che ottenerne magari uno senza provare a vincere."

Prossima tappa Lille, squadra che lo attende per ritornare ai vertici dopo un campionato piuttosto deludente. Idee? 250 frasi da appendere nel centro sportivo: "Ma lascerò pure lo spazio per un commento, anche ironico. L’idea mi è venuta leggendo un libro di un amico prete cileno che aveva una rubrica sul Mercurio, quotidiano di Santiago, e che è abilissimo a sintetizzare in una frase un episodio, a mo’ di parabola. Ecco io ho trovato per ognuna di queste frasi l’equivalente del calcio."