Settimana scorsa la vittoria in rimonta con il Genoa, ieri contro il Palermo un pari che non profuma certo di rose. Tutti, o perlomeno quasi, si auspicavano ad una vittoria della formazione casalinga, che invece si incaglia su di uno scoglio apparentemente aggirabile qual è il Palermo di Bortoluzzi. Sebbene nell’ambiente non ci sia la frenesia del ricercare il massimo risultato ogni domenica - essendo il Chievo salvo già da una decina di giornate - qualche mugugno e qualche brontolio sono stati emessi dallo stomaco del Bentegodi: sia perché l’avversario era già con un piede e mezzo in cadetteria, sia perché la squadra ad un dato punto ha inspiegabilmente staccato la spina, ma soprattutto perchè a 3 minuti dalla fine si era ancora in vantaggio. 

Senza dubbio c'è un pizzico di rammarico, ma non bisogna farne una questione trascendentale. “Eravamo consci del livello di difficoltà della gara”, ha dichiarato un tranquillo Rolando Maran in conferenza stampa nel post partita. La contesa si è sviluppata in maniera molto semplice, e schematicamente così riassumibile: il Chievo fa girare il pallone ed avversario sostanzialmente per 70 minuti, trova un rigore con Inglese, lo trasforma capitan Pellissier, e poi? Poi si spegne l’interruttore, e calano il freddo ed il buio. Goldaniga segna all’87’, ma il Palermo rischia fortemente di portarla a casa nel finale. Non sarebbe comunque andato in aiuto della causa maggiore, dati i successi di Genoa ed Empoli, che condannano i siciliani all’aritmetica consapevolezza di un’inesorabile (che fosse prima, o dopo) retrocessione in Serie B. 

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Quella del Chievo, si è dimostrata ancora una volta formazione che fatica soprattutto contro avversari che amano rintanarsi nella propria metà campo, che infittiscono e stringono le linee tra i reparti, difendendosi quasi a pieno organico. Per utilizzare le parole del tecnico trentino, al suo 11 è mancato “lo slancio nelle azioni offensive”: Fraseggiare a basso ritmo non è servito molto di fronte a questo Palermo, formazione estremamente compatta ed inibitoria, passata in svantaggio solamente per l’ingenuo fallo in area di rigore commesso su Inglese. A questo punto, i clivensi tornano a litigare con i propri limiti. È venuta ancora una volta a mancare quella fame, quella voglia di portare a casa un risultato positivo che potesse rilanciare il Chievo al massimo per questo finale di stagione, dopo l’ammirevole affermazione contro il Genoa. In senso lato, è esattamente qui che i veronesi si bloccano: quando si presenta l’opportunità di fare un passo in più, si tira indietro la gamba; questo vale ovviamente anche per il discorso classifica, che ora dice 42 punti, ma che avrebbe un colore senza dubbio differente se l’atteggiamento fosse quello di non porsi limiti oltre al minimo. 

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Nell’anno corrente, il Chievo ha compiuto un ottimo cammino - nel quale si possono notare successi importanti, come quelli contro Inter e Lazio -  che è stato sottoposto ad uno sprint nella parte centro-iniziale del campionato: quella in cui bisognava far punti, quella in cui la pressione del risultato gravava in maniera decisiva sui giocatori. Quando la corda si è allentata, la squadra si è adagiata sugli allori, consapevole che l’obiettivo minimo era già stato ampiamente soddisfatto. È questo che forse ha dato fastidio ai tifosi ieri presenti al Bentegodi: il fatto che appena si sia scritta la firma sulla salvezza, lo sguardo sia sempre e comunque rivolto verso il basso. Alzare la testa e puntare in alto, evidentemente, non è un’opzione in casa Chievo. La storia recente parla chiaro, a capirlo ora dovranno essere alcuni tifosi, se non vogliono continuare a convivere con fastidiosi mal di pancia.