La Champions League è da anni, ormai, il teatro con cui la Juventus si confronta per cercare un salto di qualità che sembra finalmente si sia concretizzato, anche e soprattutto a livello psicologico, nel non "aver paura" e nell'"essere rispettati" dagli avversari - parole di Allegri, colui che può essere definito la guida di questa crescita. Tuttavia, nella prossima sfida - valida per l'accesso alla finale del 3 giugno - contro il Monaco, la Signora è chiamata a compiere un ultimo e fondamentale step mentale per potersi dire nell'élite dei top club europei.

Partendo dal presupposto fondamentale che dopo un sorteggio di una semifinale di coppa europea è comunque impossibile esultare, non si può negare che l'urna di Nyon per il terzo turno della fase ed eliminazione diretta sia stata benevola nei confronti dei bianconeri. I monegaschi sono sicuramente una squadra piena di insidie sotto l'aspetto tecnico e tattico, ma al contempo inferiori per diverse ragioni alle due di Madrid. Però, volendo trovare un motivo per cui sarebbe stata preferibile un'estrazione diversa, basta pensare al confronto psicologico che avverrà durante la gara. Esattamente come Madama nel 2015, la squadra del Principato arriva alla doppia sfida con un diktat preciso: la pressione è tutta sulle spalle degli avversari. Ad inizio anno, praticamente nessuno al di fuori di Jardim avrebbe scommesso sui biancorossi in semifinale: questa è la ragione per cui bisognerà dare prima di tutto una prova di personalità e consapevolezza che non sfoci in presunzione. Insomma, la stessa mentalità con cui i torinesi ad inizio anno facevano quasi catenaccio in trasferta a Palermo, sapendo che sarebbero potuti andare avanti per ore senza subire un gol.

Allegri, il guru della psicologia juventina, interrogato a riguardo nella conferenza stampa antecedente al match contro il Genoa, è stato chiaro: "Avrei preferito il Real? No". Con un semplice bisillabo, il tecnico bianconero ha trasmesso un messaggio importante: il salto di qualità passa da notti al Camp Nou così come da notti al Louis II. In una competizione così serrata, in cui si decide tutto in 13 partite, chi ambisce a vincere non deve sbagliare un colpo: questo, indipendentemente dalla pressione che inevitabilmente - in situazioni analoghe a quella in cui si svolgerà la prossima semifinale - ricadrà sui campioni d'Italia, perchè - citando sempre le stesse dichiarazioni dell'allenatore - "per la Juve giocare queste partite deve essere un'abitudine".

Per portare questi buoni propositi in campo, non ci si può che affidare alla solita e solida vecchia guardia. Già Buffon, in un'intervista di qualche ora fa, ha inquadrato i francesi sotto quest'aspetto sottolinenado - dall'alto della sua esperienza - cosa servirà per passare il turno. Come lui Bonucci (oggi 30enne, auguri), così come Chiellini, Dani Alves, Khedira o Mandzukic: questi giocatori, oltre all'aspetto tecnico, dovranno mettere qualcosa di più proprio a livello psicologico, ed è un test non da poco ma al quale è lecito aspettarsi che i piemontesi si adatteranno. Dall'altro lato il mix di freschezza ed esperienza formato da Jardim ha reso la squadra abbastanza forte sotto l'aspetto mentale, in grado anche di giocare spezzoni di gara su livelli incredibili anche dopo alcuni momenti in cui la partita dei monegaschi sembrava giunta al capolinea. Questo punto favorisce sicuramente lo spettacolo (vedi il 5-3 subito dal Manchester City), ma alterna attimi in cui è un punto di forza ad attimi in cui è un'enorme debolezza.

I francesi stessi, comunque, puntano a migliorarsi in questa semifinale. Troppe altalene di emozioni, per loro, fino ad adesso: il team intero, sull'onda dell'entusiasmo, è sembrato a tratti fortissimo ma ha avuto fin troppe amnesie sia difensive sia nella costruzione del gioco, a tratti apparsa svogliata e inefficiente. Certo la stanchezza di una squadra lanciata a vincere la Ligue 1 fa la sua parte, ma visto che i monegaschi dipendono molto dalla propria produzione di gioco, per Mbappé, Lemar e compagni non ci dovrà essere un momento di pausa. Nei 180' gli avversari avranno dei momenti di crisi: in quei momenti, non si dovrà fare il peccato mortale di abbassare la guardia (e qui risalta il compito che avrà Glik, leader della difesa che in quanto ex Torino conosce bene gli juventini), anzi, bisognerà pressare se possibile anche di più.

Insomma la sensazione è che la Juve, già e soprattutto dalla sfida d'andata al Louis II, sarà chiamata a fare la big: questo non significa assumere atteggiamenti di superiorità (che anzi il Monaco, da bravo underdog, potrebbe facilmente punire), ma fare il proprio gioco con una consapevolezza ancora superiore, alla pari di quella vista nei big match - specialmente quelli in casa - di campionato. Dall'altro lato, i francesi faranno leva su alcune caratteristiche nelle quali sono i migliori d'Europa: se riusciranno a gestire la gara come sanno fare, saranno problemi seri per i bianconeri.