La stagione di Serie A si avvia oramai verso il rush finale, e sostanzialmente il discorso della salvezza, a meno di miracoli estemporanei di una delle ultime tre, è già chiuso. O, per meglio dire, non si è mai aperto. Crotone, Palermo e Pescara sono sempre sembrate uno o due passi indietro rispetto alle dirette concorrenti, che pure non hanno tenuto dei ruolini di marcia da record. La prima squadra virtualmente salva, infatti, è l'Empoli, che si tiene a galla e riesce anche a dormire sonni tranquilli con appena 22 punti e 17 gol fatti. A gennaio, però, proprio uno degli attaccanti di Martusciello ha lasciato la toscana diretto in Abruzzo, per cercare di aiutare il Pescara a cercare l'impresa.
Trattasi di Alberto Gilardino, già campione del mondo nel 2006 e d'Europa, col Milan, nell'anno successivo, nonché nono nella classifica cannonieri all-time del nostro campionato. L'attaccante di Biella, però, non è ancora riuscito ad apporre il suo sigillo in nessuna delle quindici presenze stagionali in campionato. Eppure il Gila, trentacinque anni a luglio ed un'operazione al ginocchio destro appena superata, continua ad avere fiducia e non ha voglia di smettere, come ha raccontato nella sua intervista all-around per G.B. Oliviero de La Gazzetta Dello Sport: "Chi me lo fa fare? La passione per il calcio, l'amore per il gol. E lo sport ti fa stare bene. Giocherò ancora. Segnerò ancora".
Le prime battute della lunga chiacchierata riguardano proprio la lunghissima astinenza dal gol del "violino" più famoso d'Italia, a segno l'ultima volta a maggio 2016, in un Palermo-Verona (3-2), durante il suo ritorno definitivo in patria dopo l'esperienza cinese al Ghuanzou Evergrande ed il prestito di sei mesi alla Fiorentina. "Il gol è la mia droga, ma cerco di non farne una malattia e guardo avanti". Avanti, appunto, cercando di fissare altri traguardi personali (oltre a quelli di squadra) da raggiungere. Con la salvezza oramai impossibile, una vetta da raggiungere sarebbe quella delle 200 marcature in Serie A. "Dentro di me ho il desiderio di giocare ancora. Spero di trovare una squadra che mi dia fiducia. Sono vicino ai 200 gol in Serie A: posso centrare questo traguardo. Per adesso sono a 188 insieme a Del Piero e Signori. E ho davvero la voglia di lasciare un segno ancora più profondo".
Subito dopo, comincia la full-immersion nel passato di luci ed ombre: ad esempio, le dieci stagioni in doppia cifra passate nella penisola, senza comunque ottenere né uno Scudetto né una Coppa Italia: "È una cosa abbastanza incredibile. La realtà è che, dopo l’addio al Milan, non ho mai avuto una seconda possibilità. Chissà perché. Non so darmi una risposta". Un addio, il suo, parte di quella lunga campagna di smantellamento che sostanzialmente liquidò in pochi anni tutta la rosa campione d'Europa (e del mondo) dei rossoneri nel 2007: "Non sentivo più la fiducia, si era rotto qualcosa nonostante avessi segnato parecchi gol. La società comprò altri attaccanti e io decisi di andare a Firenze".
E questo non è l'unico retroscena svelato da Gilardino alle pagine della Rosea; nel 2013, infatti, durante l'estate del "rifiuto" di Quagliarella sul trasferimento alla Lazio, la Juventus avrebbe scelto proprio lui per sostituire il napoletano. Una vera e propria sliding door che si chiuse all'improvviso, proprio quando l'ex-Parma sembrava assaporare una seconda occasione in un palcoscenico di assoluto prestigio: "Nell’estate del 2013 era tutto fatto per il mio trasferimento alla Juve. Ero felice. Poi Quagliarella rifiutò di andare alla Lazio e così saltò anche il mio arrivo. Ci restai molto male. Quella poteva essere la svolta della mia carriera".
Nostalgia agrodolce, che porta però il Gila anche a formare una vera e propria top 3 dei gol da incorniciare nella sua storia: "Quello al Manchester nella semifinale di Champions del 2007, ricordo il boato di San Siro. Quello ad Anfield con la Fiorentina, ricordo il silenzio degli inglesi. Quello al Mondiale contro gli USA, una gioia infinita". Un cenno, poi, anche ai tanti trequartisti e seconde punte che lo hanno accompagnato, parte integrante vera e propria delle sue migliori stagioni. Incalzato su quale fosse il suo compagno di reparto preferito in assoluto, però, Alberto snocciola una risposta piuttosto sorprendente: "Ne ho avuti tanti. Kakà, Sheva, Mutu, Diamanti, Vazquez e altri. Ma nessuno come Morfeo: lui era incredibile. Mi capiva al volo, giocava di prima e metteva fuori gioco il difensore".
Infine, una chiosa sui suoi "eredi" nel ruolo di numero 9 in Serie A: "Premessa: Belotti e Immobile sono grandissimi giocatori. Ma non sono '9' classici. Come centravanti d'area Higuain e Icardi sono i più forti. Pensi ai contro-movimenti di Higuain: un fenomeno".