Sfuma il terzo mid-term goal. Sfuma, in un posto magico per alcuni, stregato per altri: quel Qatar, terra di sceicchi e modernità, nuovamente indigesto a Madama due anni dopo la prima débacle. 732 giorni sono passati, ma la storia si ripete. Un vantaggio sprecato, una partenza a tuono seguita da non altrettanta mole di gioco, ma soprattutto di determinazione, veleggiando in balia dell'avversario troppo a lungo per essere la Juventus.

La frustrazione di Massimiliano Allegri è lampante nel post-gara. Mentre sul meraviglioso (ma solo a volte) mondo dell'internet varie disparate frange del tifo bianconero si battagliano per la cacciata dell'imputato che siede in panchina, il soggetto in causa reagisce con media compostezza davanti alle telecamere, ma non al fianco della dirigenza. Li prenderebbe - testualmente - a calci nel fondoschiena, come dargli torto?

Frustrazione, si diceva. Il piano partita viene volatilizzato da due cambi, la squadra resta per un'ora con un assetto accettabile al massimo per venti minuti d'assalto. Rimane una Juventus a metà, con quel Cuadrado - indiziato unico per spaccare il supplementare - ben saldo in panchina, causa regolamento e sfortuna. Frustrazione. Quella dei tifosi nel vedere una squadra dominare in lungo e in largo fino al gol del vantaggio, poi spegnersi, abbassandosi troppo verso la propria porta e senza raccordo tra i reparti. Mandzukic fa a sportellate, Higuain attende lo spazio, Dybala il momento. Il primo non sempre ne esce vincitore, il secondo non basta, il terzo non coglie l'attimo.

Frustrazione, anche per Paulo. Entra e dà la scossa, con lui sembra un'altra squadra. Poi sparisce, salvo riapparire nel finale. Calcia alto il rigore in movimento, si fa parare quello da fermo. Succede, specialmente a un ragazzo giovane. Imputargli le colpe di una sconfitta è impietoso oltre che triste, ma si sa, il tifoso medio sente l'estrema necessità di trovare un capro espiatorio. Per alcuni è la Joya - il cui innato talento non viene comunque minimamente scalfito dalle critiche - e per altri è il tecnico. Per altri sono addirittura i social network, i quali occuperebbero per eccessivo tempo la mente dei giocatori. Qualcuno lo ha detto davvero. Spesso ci si dimentica che sono persone, non automi. E anche solo il doverlo ricordare fa strano.

La frustrazione è anche di chi prova ribrezzo per chi sputa nel piatto dove ha mangiato, sta mangiando e probabilmente mangerà ancora. La critica è positiva se costruttiva, diventa quasi necessaria - lo ha spiegato Buffon alla vigilia della sfida. L'attacco a zero è diverso, è dannoso. 

La sconfitta lascia al panettone un retrogusto amaro, ma allo stesso tempo rende i giocatori più affamati, più determinati. I vari Buffon, Bonucci, Chiellini, Marchisio e Higuain, giusto per citarne un gruppo ristretto, rientreranno sul campo d'allenamento col machete tra i denti, aumentando i parallelismi con un'annata tremendamente simile a quella in corso, la 2014/15, chiusa con la conquista di campionato, Coppa Italia e la sconfitta in finale di Champions League. Doha quell'anno fu conquistata dal Napoli, quest'anno è toccato Milan. Sempre ai rigori, sempre dopo una partita tremendamente simile a quella di ieri. La Juventus per entrambe le volte a bocca asciutta a dicembre.

Rispetto a quella caduta contro i partenopei dal dischetto, questa è una squadra diametralmente opposta. Difficile sapere se sia più o meno forte a fine dicembre, sarà forse possibile tracciarne un bilancio a giugno. L'uomo in panchina è però lo stesso, lo stesso che due anni fa guidò in sapiente silenzio i bianconeri fino ad un passo dall'infrangere una maledizione. La strada per la gloria è lunga, dolorosa, presuppone come obbligo delle notti di frustrazione e riflessione, tali da infondere l'ulteriore fame per rendere i capitoli successivi della storia ancora più gloriosi.