"Usciamo malissimo da questa sfida" dice, perentorio a fine gara, Luciano Spalletti. La Roma è accompagnata alla porta dello Stadium bianconero con la testa bassa, il cuore affranto, le mani vuote e le ossa rotte, in tutti i sensi. Un vero disastro, quello in terra piemontese, con i giallorossi contratti e impauriti fino ai disperati tentativi degli ultmi 15' di partita, quelli che potevano generare tranquillamente, retroguardia Juve permettendo, il pari romano, l'1-1 che- certo - avrebbe fornito tutt'altra immagine sul match e sulla stagione. Una sconfitta, però, meritata in molte delle sue pieghe, visto il "laboratorio" di inizio gara voluto da Spalletti, che schiera Gerson dal 1' a sorpresa, con il brasiliano che si conferma un tronco, inadatto al terreno juventino, soprattutto nella scomoda posizione di esterno.

Fa altrettanto male, sempre nella prima frazione, il lodatissimo Emerson, e non che ci fosse qualcun'altro da schierare al suo posto, ma appare chiaro che Spalletti stia operando da mesi un'azione di fiducia nei confronti dell'ex Palermo, che alterna partite di sostanza a svarioni censurabili. Il tutto unito da una gara senza pressione e condita da errori della colonna De Rossi, che, ancora, si fa prendere testa e mani dal match e sente la sfida, presentandosi imbranato nell'azione (che inizia da una palla persa di un Perotti tutto tranne che lucido, ieri) che porta al solitario super G di Higuain. Il Pipita capitalizza la palla, l'unica, che trova buona, sfonda il "muro" (di gommapiuma, al più) della difesa romana, che anzi all'occasione si apre anche, scambiando forse Higuain per chissà chi, con errori d'intenzione che rivisti più e più volte fanno ricredere in molti sugli sfottò rivolti alla difesa laziale in occasione del derby capitolino. 

Dal minuto 13 al 75 la partita prende la piega della Juve, con ritmi contratti e senza un benchè minimo accenno di acredine agonistica, entratacce e tensioni escluse. Orsato ci mette del suo, con decisioni e provvedimenti disciplinari poco oculati, poco attenti agli sviluppi del gioco, e soprattutto con un metro di giudizio il più delle volte sballato. La Roma mischia le carte quando è comunque già tardi, salvata però da un superbo Szczesny, obbligato a tre interventi monstre che tengono i suoi appesi al filo. IN El Shaarawy, che riconsegna verve all'attacco, ma la spinta è di due modi: o orizzontale, o a "lancioni", inutili vista la superiorità fisica di Rugani, l'unico che possa tenere Dzeko,  che infatti è risultato annientato. Eppure dai "lancioni" nascono corner, da uno dei quali nasce la nitida palla gol del 77' che porta Fazio a sfiorare l'insperato pari. Non va, la palla non entra, e non entrerà nel quarto d'ora che segue. 

L'uscita della Roma da Torino con zero punti è dolorosa per molti aspetti, pochissimi sono i dati positivi, se si eslcude la presenza forte di Nainggolan, la forza del portiere polacco, la grande qualità in difesa del pallone di Dzeko. La voglia almeno con la testa di non farsi schiacciare. Ma la Roma è meno "Juve" della Juve, che invece sa capitalizzare i gol scudetto: fu Zaza lo scorso anno, è Higuain quest'anno (?).