"Quando morirò non portatemi all’ospedale. Portatemi ad Anfield, sono nato qui e voglio morire qui". Una massima, uno scatto di una polaroid che nel tempo lascia il primo piano nitido ed i ricordi un po' stropicciati dal tempo che, in maniera maligna, si porta via tutto. Difficile far finta di niente, difficile rimanere impassibili di fronte a qualcosa che si è vissuti in prima persona, di storie che sfociano nella leggenda. Ovvio, invece, credere che a Liverpool quel numero 8 rappresenti un qualcosa di mistico che coinvolge chiunque. Oggi è un giorno triste per il calcio perchè oggi appende le scarpe al chiodo un' icona. Oggi da l'addio al calcio Steven Gerrard.

Un amore rosso, un amore che nasce il 29 Novembre 1998 quando un giovane ragazzo di 18 anni esordisce con la maglia dei Reds, quella che ha sempre sentito dentro, quella che porta nel cuore ed è più rossa del sangue che gli scorre nelle vene. Più rossa della voglia di dire no al Manchester United in epoca adolescenziale. Chiunque avrebbe accettato, lui no. Lui voleva l'Anfield, voleva gioire sotto la Kop, vedere gli occhi della gente che ha conosciuto gridare il suo nome tanto che l'eco potesse sentirsi dall'altra parte del mondo. 18 stagioni sempre dalla stessa parte, 710 partite e 186 reti con la stessa maglia e la decennale fascia di capitano che lo ha visto alzare una Champions League nella notte folle di Istanbul. La Premier, quella no perchè a volte il destino è beffardo, beffardo come quel dannato scivolone nel match chiave con il Chelsea ma la Kop lo aveva già perdonato ancora prima che Demba Ba segnasse.

L'esultanza di Steven Gerrard dopo un gol
L'esultanza di Steven Gerrard dopo un gol

Se c'è una cosa che si avvicini di più all'infinito quella è Steven Gerrard. Una storia che incide c'è, la sua vita cambia per sempre in uno strano pomeriggio del 15 aprile 1989: i suoi genitori non gli hanno comprato il biglietto per la semifinale di FA Cup mentre il suo zio  ha regalato una gita a Hillsborough al cugino di Steven, il sogno della sua vita. In un pomeriggio primaverile si gioca Liverpool-Nottingham Forest: la giornata più bella, l’anticamera di una tragedia che sarà ricordata per sempre. La Leppings Lane si trasforma in una tomba a cielo aperto; il piccolo Gilhooley rimane schiacciato dai corpi dei suoi compagni di fede. Muore così, a dieci anni. Il Liverpool, quel giorno, entra in Steven in ogni sua forma. 

Il resto poi è storia. Storia dell'uomo che si pone dinanzi al calciatore diventando mito in quel prato verde e una città che vive di calcio. Il resto è lo sbarco in America per essere venerato anche li. Il resto sono anche 114 presenze con la maglia dell'Inghilterra. Il resto è sudore, grinta e rabbia per quella maglia, la sua. La numero 8. Oggi la notizia del ritiro, la notizia che crea tristezza, nostaglia e malinconia allo stesso tempo. Nel giorno in cui si ricorda Freddie Mercury, bisogna ricordarsi anche che "The Show Must go on" ma i ricordi quelli no, non si cancellano perchè rimarrano per sempre una parte indissolubile del nostro essere e del nostro vissuto quindi You'll never walk alone Steven. Thank you for all.