La tavola apparecchiata, il doppio vantaggio in cassaforte, così come una buona fetta di qualificazione sebbene nulla fosse definito. Sassuolo primo del girone a centottanta minuti dal termine di una prima fase che coronava il sogno della squadra emiliana, cullato a lungo, portato in grembo per quattro gare giocate con grinta, spirito ed abnegazione. L'ultima prova dei neroverdi che Di Francesco ha giustamente definito un'impresa sfiorata, fotografa appieno il momento della compagine emiliana, abile nello sfruttare le occasioni capitate sui piedi di Defrel e Pellegrini dopo un quarto d'ora di sofferenza.
Il doppio vantaggio all'intervallo sembrava lasciar presagire una ripresa in controllo. E così è stato. I padroni di casa hanno legittimato il vantaggio sfiorando il tris in un paio di occasioni, senza mai forzare, senza mai osare troppo nel tentativo - legittimo - di preservare preziosissime energie per il finale e per le gare a venire. Già, perché il Sassuolo che si è presentato al match contro il Rapid Vienna aveva tredici uomini contati, con Cannavaro sedutosi in panchina per onor di firma. Ricci e Politano i due cambi, troppo pochi per dar fiato ai lottatori sfiniti. Tanti, forse fin troppi, gli uomini che nell'undici neroverde erano fuori ruolo, o quantomeno molto adattati rispetto a quelle che sono le loro caratteristiche. Due terzini come difensori centrali, due esterni d'attacco schierati in mezzala e come esterno di fascia. Il Sassuolo fa di necessità una virtù e lo fa nel modo migiore possibile.
Zero scuse, nessun alibi. A testa alta, i neroverdi prendono consapevolezza del proprio destino e si trascinano con idee e volontà al di là di quelle difficoltà oggettive che sembrano limitarne l'impeto e la forza. Il vantaggio meritato, il raddoppio fortunoso che premia lo spirito di una squadra che non smette mai di lottare, prima del crollo. Fisiologico, certamente, persino parzialmente giustificabile dal controllo che la squadra aveva della gara, con gli austriaci che nei cinque minuti che precedono la rimonta si erano assopiti attorno al possesso palla degli emiliani. Ed invece, l'ingenuità dietro l'angolo costa carissima ai neroverdi, che si disuniscono al primo soffio di vento, complice anche una stanchezza fisica che preclude lucidità e serenità nell'atto decisivo.
Il gol di Jelic riapre una ferita che sembrava essersi rimarginata nel corso della partita (il Sassuolo non vince da quattro gare), quello di Kvilitaia punisce eccessivamente una disattenzione generale ed una incapacità di essere reattivi e coriacei nel momento ultimo del bisogno. Peccato di gola, di gioventu', che sicuramente contribuirà alla crescita ulteriore del gruppo. Tuttavia questo pareggio fa male, malissimo, e Di Francesco ne è consapevole: al di là della necessità di vincere per una questione meramente di classifica, il successo avrebbe dato fiducia e nuova linfa prima della sosta ad una squadra falcidiata dagli infortuni - circa dieci ieri, con buona parte dell'undici titolare - e fin troppo sfortunata nelle ultime uscite. Un periodo nero dal quale Defrel ed i suoi compagni stentano ad uscire, per un motivo piuttosto che un altro. Le prestazioni non bastano, così come il cuore che puntualmente viene buttato ben oltre un ostacolo messo ad altezze inaudite.
Adesso, dall'impresa che i neroverdi stavano per fare in casa contro il Rapid in condizioni precarie, si passerà al tentativo di un'altra impresa, quella della qualificazione. Una montagna da scalare altissima, perché fare risultato a San Mames sarà difficilissimo, così come vincere contro il Genk in casa nell'ultima giornata del raggruppamento. Davvero un peccato.