Adesso devi dircelo. Se sei l'anti Juve, parla ora o mai più, Roma. Sono questi i momenti in cui i campionati prendono una direzione. Sono i momenti delle sfide al vertice, le occasioni che non puoi fallire. E in due di questi match, per giunta ravvicinati, la Roma ci è arrivata proprio bene, per intensità, lavoro, preparazione. Cinismo. Quegli ingredienti, che solo 60 e 30 giorni fa, approssimando, atterrivano i supporters capitolini. Ben note le gare in questione: Porto e Fiorentina. Le "sliding doors" che dicono tanto sul resto della contesa, la Roma le aveva fallite, con tutti gli annessi e connessi che, sempre, vengono fuori dai ko nei match che pesano.
Il doppio successo contro Inter e Napoli, invece, illumina le menti, perché, sempre tenendo a mente la distanza tecnica, fisica, di qualità, dell'Avversaria torinese, impone a tutti (a chi vive di Roma, a chi gioca nella Roma, a chi parla e scrive di Roma) un cambio di passo. Impone l'inizio di una, obbligatoria, nuova considerazione dei giallorossi. Un senso di superiorità, se vogliamo, da riconsiderare. Senza trionfalismi, che sarebbero inutili per un mare di motivi. Intanto sarà una superiorità su Inter e Napoli, riferendosi contingentemente alla pratica in questo sport del sentimento di autofiducia percepita, passa inevitabilmente da qui. Considerare i meriti più che le sofferenze, le sbavature, le cose irrisolte e magari anche i guai fisici. Dimenticare le problematiche per godere della salubre vista donata agli uomini di Spalletti da questo doppio, secco successo.
LA VITTORIA DI LUCIANO E EDIN - Certo, la vittoria del S. Paolo di ieri ha tutto un altro peso specifico. La Roma non ha mai avuto il benchè minimo timore degli avversari, giocando un calcio lineare, pulito, fatto sì di imprecisioni tattiche dovute alla spinta iniziale del Napoli, ma composto soprattuto di ripartenze senza affanni, consapevole dei punti deboli costantemente messi in luce dai partenopei. E allora i duelli di cui si parlava prima della sfida, ripetuti in più e più occasioni, non di rado hanno visto prevale i giocatori in maglia rossa, spinti da un modulo "a molla" che ha permesso alla squadra di rifiatare al momento del bisogno, ma di ottenere spinta a fiotti nelle fasi d'attacco. Florenzi e Salah, con Perotti sempre pronto allo scambio di ruolo e reparto, si sono divincolati delle marcature per tutto il match, hanno proposto palle delicate e precise per chi poi ha rifinito in rete (Dzeko, si, Dzeko. Il capocannoniere della Serie A.).
TESTA BUONA, PIEDI BUONI - La Roma, oggi, più di tutto, ha dato i ritmi ma non ha tenuto più di tanto il pallone. Cosa curiosa, ma fondamentale per constrastare l'acume di mr. Sarri. Far gestire il pallone agli altri, ma tenere in gabbia modi e tempi di gioco, per non esacerbare il match. Mai esperimento fu più riuscito, e le conferme arrivano non dopo il 2-0, ma dopo l'avvicinamento pericoloso di Koulibaly. 2-1, S.Paolo in piena bolgia e un Mertens indiavolato. Ingredienti per perdere, al solito, la testa. Che invece è la cosa che gira di più e con maggiore efficienza. La gestione della palla, infine, per quanto frammentata e sempre col rischio, non può che essere un antipasto al secco 3-1 di Salah, che congela la partita, regala pizza e allegria a Spalletti e ragazzi, e gela, decisamente, l'umore Azzurro. Se sei l'anti Juve, Roma, devi dircelo ora.