Non è Plaza de Toros, ma poco ci manca. La Roma esce dalla Stadio Grande Torino incornata, derelitta, affranta. Penosamente distrutta da un pur ottimo Torino, ma non certo da un top club di livello europeo. Una fredda analisi, fredda come la Roma stessa, incapace di risveglio, nonostante un match dai mille e più volti, che anche il Toro ha contribuito a tener vivo, fallendo numerose occasioni da gol. C'è voluto Szczesny, comunque gravemente colpevole sul vantaggio dei granata, c'è voluto un palo. Ci son voluti alcuni tiri alti. Il passivo poteva essere più ampio. Basta? Forse, ma in realtà il conto è molto più salato.
Il Torino ha dominato gli spazi perché la Roma non ha messo idee in campo, non ha offerto un gioco concreto, non è riuscita ad impostare i possessi per un centrocampo dissestato, un attacco distratto, una coppia di terzini che terzini non sono, una coppia di centrali difensivi non amalgamati. Praticamente non un sol uomo valido, non un giocatore che abbia ingranato la gara, capito l'andamento dei 90' e aggredito i piemontesi per sciogliere le asperità del match.
Dice bene Spalletti a fine match. "Sono il primo responsabile. Siamo discontinui, caliamo, non sfruttiamo le occasioni". Dice bene, sì, perché onesto, ma ora non servono le analisi, i tatticismi di chi la professione la conosce e la capisce. Servono le forti spinte, le decise rinascite che accompagnano storicamente i grandi club nei momenti amari. Servono quei colpi che fanno ritornare il sorriso. Servirà, in settimana, il cuore (e la festa di compleanno, anche) di chi di stagioni amare ne avrà viste quantomeno una dozzina, o ancor più: Totti, lui l'unico raggio anche nel giorno più lungo, più crudele, dello Spalletti2.0 che dal 14 gennaio scorso accompagna i destini romani. Destini, ad oggi, altalenanti, ma in sostanza, deboli. Che dietro ci siano uomini deboli, dunque? Che sia la solita illusione mal concepita?
La Roma non ha nemmeno il tempo, pensate un po', di ragionarci su: giovedì la sfida del secolo prende il nome di, sentite bene, Astra Giurgiu, che non è un modello di automobile, è proprio una squadra. E' Europa League. E anche lì la Roma è chiamata a riscattare le sue stesse mediocrità. A fine settimana, c'è invece l'Inter, in Serie A. La lotta si fa Europea, parlando con la (ancora poco) indicativa classifica. La Roma è bloccata a quota 10 punti. Il passo è letteralmente ingolfato. Eccolo il fondo del barile, alla prova del "raschio". C'è o non c'è la voglia di "star zitti e lavorare"? Umili si nasce, e questa squadra ha preso tutta un'altra piega.
Voglia o pigrizia, sostanza o forma... sì, diremo oggi che star zitto e lavorare dovrà essere il pane quotidiano del giocatore medio giallorosso.