A calciomercato concluso e con le prime partite della stagione in archivio, è tempo di qualche bilancio, soprattutto per un club rinnovato come l'Udinese. Il Messaggero Veneto ha contattato Gino Pozzo per una lunga intervista, in cui il paròn spiega la situazione di alcuni giocatori e le recenti scelte di mercato.

Gino, anche su alcuni quotidiani nazionali l’Udinese è stata definita la “succursale del Watford”. Cosa risponde?

«La sensazione è che si voglia dare un giudizio preconfezionato. Sento parlare di disimpegno, eppure per le scelte fatte sul mercato mi sembra si possa parlare di un percorso nuovo e di lungo respiro».

La ricchezza dell’Udinese era sempre stata quella del patrimonio giocatori. Oggi è ancora così?

«Siamo stati un modello negli ultimi vent’anni, adesso dobbiamo adeguarci alle nuove realtà di mercato. Ci sono squadre con capacità economiche elevatissime; dove una volta arrivavamo prima di tutti oggi ci sono anche gli altri. Il fatto di avere la possibilità di sfruttare la collaborazione con il Watford deve essere considerata una ricchezza».

Ma una volta era l’Udinese a mandare in suoi “scarti” in Inghilterra oggi succede il contrario...

«Peñaranda e Kums sono due operazioni di cui l’Udinese beneficia da un punto di vista tecnico. Si tratta di due giocatori che non sarebbero mai stati alla portata del nostro club. Meglio avere Kums in squadra per un anno o non averlo mai? Non sono io che determino le realtà economiche, se in Premier i diritti tv sono il triplo di quelli della serie A cosa ci posso fare?»

Il centravanti dell’Udinese è un prestito del Napoli. Paradossalmente vi converebbe che Zapata non esplodesse, così magari potreste riscattarlo...

«Non abbiamo la bacchetta magica per dosare i gol di Zapata. In un percorso di crescita dei giovani ci sembrava il giocatore più pronto e funzionale al nostro progetto».

Ma cosa gli sta succedendo? È condizionato da qualcosa?

«No, semplicemente non ha fatto bene nelle prime due partite. Io lo vedo motivato a far bene».

Prendere due anni fa Quagliarella non sarebbe stato meglio?

«Non si sono verificati i giusti incastri. Sicuramente parliamo di un giocatore di personalità, carismatico. Due anni fa oltre a lui si parlava di Borriello, Maxi Lopez, Amauri. Tutti interessanti, ma abbiamo semplicemente fatto altre scelte».

Capitolo ingaggi. È vero che Isla non è tornato perchè 700 mila euro erano considerati troppi?

«Assolutamente no. Paghiamo stipendi troppo bassi per la serie A? Dipende dal modello che vuoi impiegare. Il nostro è un calcio autosostenibile. E poi se avessimo preso Isla non sarebbe arrivato Fofana. Non credo che due stagioni sofferte debbano spingerci a cambiare un modello che ha dato risultati eccezionali. Oggi il riferimento è il Sassuolo? Sì, ma con uno sponsor come la Mapei che porta ogni anno 20 milioni di euro. Lo vedo come un modello più vicino al Parma che a quello dell’Udinese».

De Paul, Samir, Evandro, Paeñaranda, Balic. I giovani di talento ci sono. Forse è mancato il ricambio della vecchia guardia?

«Premesso che la squadra è in assemblaggio e che dobbiamo avere un po’ di pazienza, faccio notare che nei potenziali titolari gli over 30 sono pochi: Karnezis, Danilo, Felipe, Hallfredsson. Mi sembra che ci sia un buon equilibrio».

Angella è stato l’unico acquisto italiano...

«Se si punta sulla qualità, quella oggi in Italia scarseggia. Ciò non toglie che negli ultimi anni abbiamo fatto un lavoro importante a livello di vivaio che ha prodotto tre giovani tutti portieri, come Scuffet, Meret e Perisan».

In serie B non pescate più. Scottati da vecchie esperienze tipo Fabbrini?

«Con il ds Bonato faremo un lavoro di ricerca più approfondito nelle categorie inferiori. Abbiamo cominciato da due mesi, i frutti si vedranno più avanti. Le nostre visioni e le sue, che viene da un club con una filosofia diversa come il Sassuolo, possono rivelarsi utili».

Dal mercato non è arrivato il sostituto di Edenilson. Il motivo?

«Non sarebbe stata un’operazione che ci avrebbe permesso di migliorare automaticamente la rosa considerando anche che potremmo anche cambiare modulo. Ne riparleremo a gennaio, e poi bisogna valutare che c’è Faraoni che sta recuperando».

Lodi sembrava destinato a partire e invece è rimasto.

«Gli avevamo trovato una sistemazione in Liga al Leganes a Madrid, ma per questioni familiari ha preferito lasciar perdere. È spuntato alla fine lo Spezia ma i tempi erano ristretti».

Il rinnovo di Felipe?

«Ha un contratto di un anno con opzione per il successivo a livelli economici corretti. Sta facendo bene, capisco le esigenze del ragazzo ma c’è tutto il tempo per sederci a un tavolo e parlarne».

Con che modulo farebbe giocare questa Udinese Gino Pozzo?

«Ho sempre pensato che sono i giocatori a dettare il modulo e non viceversa. Credo che il centrocampo a tre in questa rosa sia un must, e siccome dobbiamo sfruttare la qualità che abbiamo davanti viene da sè che dietro dovremmo giocare a quattro».

La difesa negli ultimi tre campionati ha subito 180 gol. A parte Angella i giocatori sono rimasti quelli. Questo significa che ...

«Sosteniamo sia un problema di squadra e non di singoli. Non crediamo che gli attuali difensori siano peggiori di quelli che abbiamo avuto nelle rose che sono andate in Europa».

Ci spiega il mistero Balic? Perchè non l’abbiamo mai visto in campo in otto mesi?

«Nessun mistero. Noi puntiamo su questo ragazzo, lui lo sa e la presenza di Kums gli permetterà di crescere e di essere magari pronto a fare il titolare tra un anno. Il ragazzo è intelligente, ha capito dov’è arrivato e sta facendo anche un lavoro importante a livello fisico. Non gli vogliamo dare eccessive pressioni, ma le giuste aspettative sì».

Perchè il progetto Udinese si è involuto?

«Due anni fa avevamo fatto la scelta di puntare su giocatori più affermati. È andata male non per il valore dei singoli giocatori, ma perchè non si è creata la giusta chimica e lo spirito all’interno della squadra. Abbiamo sbagliato allenatori? Tutti ci abbiamo messo qualcosa. Dall’inizio del 2016 abbiamo riaggiustato il tiro mettendo sotto contratto una ventina di giocatori Under 23. Mi sembra un dato importante, non certo quello di una società in via di smantellamento».

Non crede di dover essere più presente a Udine?

«Si fanno questi ragionamenti sulla scorta degli ultimi due anni. Io ho sempre vissuto all’estero anche quando i risultati arrivavano. Poi è vero che la presenza può portare una idea in più non tanto dal punto di vista del mercato quanto della gestione».

Gino, dica la verità: ma lei beve la Red Bull?

«Non sono un amante dei soft drink. Decisamente meglio un bianco o un rosso friulani».

Ma come si spiega queste continue voci di una cessione dell’Udinese alla ditta austriaca?

«Non lo so. Di quello che è stato scritto non c’è una virgola di vero. Non ci siamo incontrati nemmeno per trattare un giocatore. Mai».

Nemmeno una cena a Villacco per un contratto di sponsorizzazione?

«Zero. E comunque non vado più a nord di Colloredo da due anni».

È opinione comune che i Pozzo hanno fatto lo stadio per rendere più vendibile l’Udinese?

«Dopo la via crucis dello stadio, adesso fatecelo godere per un po’. Qui si guarda al futuro. L’obiettivo, detto sottovoce a tutti in sede, è quello di tornare in Europa. Non sarà domani mattina, ma ci torneremo».