Il calcio italiano resta così com'è. Questa la decisione presa in Assemblea di Lega, Martedì 21/6, in merito alla riforma del Campionato Primavera che avrebbe comportato anche la formazione delle squadre B delle compagini di Serie A, che avrebbero poi disputato il campionato di Lega Pro. Una riforma che, secondo Tavecchio, è solamente rinviata, in quanto il sistema del calcio italiano va assolutamente cambiato ed adeguato agli altri campionati internazionali. Secondo il presidente della FIGC, questa proposta avrebbe cambiato il modo di considerare ed utilizzare i giovani italiani sia in Serie A che nelle categorie inferiori. Ricordiamo che dalla prossima stagione, ogni squadra militante nel massimo campionato italiano dovrà possedere una rosa con un tetto di 25 giocatori, dei quali 4 provenienti dal proprio vivaio e 4 dal vivaio nazionale.

Una situazione che ha messo in difficoltà quasi tutti i dirigenti italiani che con il mercato alle porte sono alla disperata ricerca di giocatori giovani che rientrino nei parametri indicati dalla FIGC. Da questo nasce il diniego di ben 7 società - più un astenuto - alla possibilità di aprirsi ulteriormente al mondo giovanile, con l'istituzione delle squadre B nel campionato di Lega Pro. Una riforma che avrebbe fatto felici sicuramente i tanti giovani presenti nel Campionato Primavera, dato che avrebbe dato loro ancora più visibilità, ma che nello stesso tempo avrebbe negato a società meritevoli di salire dai Dilettanti alla terza divisione nazionale. La decisione presa in Assemblea di Lega quindi non è del tutto negativa, andiamo a vederne il perchè. Innanzitutto si sarebbe corso il rischio di falsare il campionato di Lega Pro, in quanto le squadre B non avrebbero potuto nè ambire alla promozione nè rischiare la retrocessione. Da ciò ne scaturisce che nulla sarebbe cambiato in quanto lo spirito del Campionato Primavera è esattamente lo stesso, cioè quello di puntare sulla crescita graduale dei ragazzi 17enni, 18enni, senza correre il rischio che questi possano sentire la pressione di dover fare risultato a tutti i costi, caratteristica tipica del professionismo. Proprio per questo una riforma più logica sarebbe stata quella che avrebbe permesso a tali giovani di capire, sempre in maniera graduale, cosa significhi avere pressioni e giocare non solo per migliorarsi ma anche e soprattutto per vincere. Per fare ciò bisognava togliere i paletti posti dalla non promozione e dalla non retrocessione, in quanto solo in questo modo questi ragazzi avrebbero potuto accelerare il loro processo di avvicinamento al professionismo. 

La soluzione migliore, per permettere a questi ragazzi di crescere umanamente, tecnicamente e tatticamente e nello stesso tempo avvicinarsi passo dopo passo al professionismo, sarebbe quella di farli giocare negli stadi della Prima Squadra. In questo modo il giovane comincerebbe a sentirsi maggiormente responsabilizzato e avvertirebbe quelle giuste pressioni e motivazioni che lo spingerebbero a fare sempre meglio, non solo per sè stesso ma anche per la squadra. Questa proposta sarebbe assolutamente logica, considerando il maggior interesse maturato dalle televisioni e dai tifosi negli ultimi anni verso il Campionato Primavera. La formula attuale del torneo è sempre stata garanzia di successo da un punto di vista di pubblico e seguito. La post - season regala sempre emozioni forti come è anche successo nell'ultima annata con la vittoria della Roma sulla Juventus ai calci di rigore. Per questo motivo la proposta di creare delle promozioni e delle retrocessioni nel mondo giovanile avrebbe comportato l'eliminazione di quel pathos che si crea quando si arriva nei momenti cruciali del torneo. 

La Serie A ha quindi deciso per ora di non cambiare, ed in fin dei conti è giusto così, dato che il calcio italiano non è ancora pronto da un punto di vista strutturale, culturale ed educativo per sostenere una riforma del genere e quindi uniformarsi agli altri campionati internazionali.