Udinese-Carpi non c'è praticamente stata. O meglio, per gli emiliani la partita era sentitissima, dato che si giocavano la permanenza in Serie A, i friulani invece avevano tutti la testa all'addio di Domizzi, Pasquale e Di Natale, soprattutto quest'ultimo. C'è da dire però che a partire meglio sono stati i friulani, con un grande spinta offensiva, perchè comunque ci si giocava i tre punti. Poi però la squadra si è sciolta come neve al sole quando Mazzoleni ha concesso un rigore (molto dubbio) ai biancorossi. A Thereau poi sono saltati i nervi, come troppo spesso gli è capitato in questa stagione, e ha concesso al direttore di gara la possibilità di aumentare la sua evidente mania di protagonismo (manifestata con tantissime decisioni non molto condivisibili), rosso diretto. Una parola di troppo e via alla massima punizione. Severa, specie se l'occhio va a ripercorrere alcuni esempi del passato (Totti, ad esempio). Il Carpi infatti, dopo aver realizzato il rigore, ha raddoppiato sempre con Verdi e messo praticamente in ghiaccio la partita, che, ad eccezione dell'ingresso con gol della bandiera friulana, è finita qui. Tutti hanno poi dirottato l'attenzione al commiato di Totò e tutti hanno puntato le radioline su Palermo-Verona. Boato di esultanza al pareggio dei gialloblù e al definitivo vantaggio rosanero, giusto per dire che il pubblico friulano non aveva in realtà preferenze.

Dal 50' in poi il coro è stato uno solo:"Fai entrare Totò!". Il timore infatti era che De Canio ripetesse quanto fatto con Paolo Poggi quindici anni fa, che non venne fatto entrare in campo nella partita del suo addio. Però è stato lo stesso folletto napoletano ad alzarsi dalla panchina facendo ampi gesti per chiedere calma, rassicurando il pubblico. Il patto col mister lucano era chiaro, gli ultimi venti minuti per i saluti. L'ingresso di Di Natale, con annesso rigore realizzato, per un ultimo urlo in suo onore, è stato l'ultimo assolo di una partita che per i friulani è stata quasi un'amichevole. Poco importano infatti il record negativo di punti e la diciasettesima posizione, l'annata è stata disastrosa e tale sarebbe rimasta anche in caso di vittoria. Ora i Pozzo hanno tanto da lavorare, poichè questa stagione ha emesso il suo verdetto: non può esserci il solo Gino a tirare i fili del progetto. Quindi ora, dato l'addio agli ultimi pilastri di quell'Udinese che fece sognare tra il 2004 e il 2013, bisogna rifondare e rispolverare tutto da cima a fondo. Forse in futuro non si avrà un'altra bandiera come Totò, ma sicuramente, lavorando duramente, si potranno vedere tanti altri ottimi giocatori.

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