Giuseppe Marotta - ospite alla Bocconi - si divide tra Serie A e Champions League. Si parte dalla situazione del calcio italiano. Non un periodo florido per la massima serie, il credito degli anni precedenti è esaurito e oggi il campionato del bel paese non ha lo stesso appeal. Un divario, con il resto d'Europa, non solo in termini di spettacolo. Il gap economico è profondo, difficile competere con altre realtà. Ecco perché occorre un'attenta politica, per rilanciare il pallone e restituire nobiltà al nostro calcio.
L'a.d sottolinea poi la difficoltà complessiva. Non esistono, in Italia, squadre materasso. Per imporsi, bisogna fornire prestazioni all'altezza giornata dopo giornata. Non c'è traccia di riposo o respiro, alla lunga fisico e testa presentano il conto.
"C'è un processo di involuzione in Italia. Negli anni '90-2000, il nostro campionato era l'Eldorado, oggi è quasi un campionato di transizione".
"In Italia c'è un campionato nazionale con un dispendio di energie molto forti. Non puoi permetterti di andare a giocare con il Sassuolo e con il Carpi sottovalutando l'impegno, perché rischi di perdere. Altre squadre di altri campionati sono avvantaggiate, perché localmente non hanno il nostro stesso stress mediatico".
Diverso il discorso che concerne la Champions. Nella Coppa del dettaglio, tra successo e capitombolo c'è un filo sottile. Calibrare la preparazione non è semplice, raggiungere il punto più alto nella gara più delicata è imperativo fondamentale.
Il sorteggio - come dimostra la Juve di stagione - gioca un ruolo chiave. La battuta d'arresto col Siviglia è cruccio ancora vivo. Da lì, l'ottavo con il Bayern e la beffa di Monaco. Il sistema penalizza, secondo Marotta, l'atto conclusivo della competizione.
Situazione differente in campionato. Si tratta in questo caso di una corsa a tappe, lunga, in cui emergono i valori reali. Assistere a sorprese o ribaltoni è quantomeno improbabile. La Signora conferma l'assunto. Difficoltà iniziale e prepotente ritorno, fino al dominio conclusivo.
"L'imprevedibilità ha un ruolo molto importante tanto che nessuna squadra è riuscita a vincere due volte la Champions in maniera consecutiva. L'anno scorso abbiamo perso in finale con il Barcellona, la squadra più forte al mondo. Conta arrivare la sera in cui si gioca la partita decisiva con la squadra migliore e le condizioni fisiche migliori".
"Altra variabile importante è che dagli ottavi in poi il sorteggio ha un ruolo rilevante e questo gioca a discapito della finale. C'è differenza fra campionati nazionali e la Champions. Non dico che in campionato vince chi esprime il gioco migliore, ma la squadra migliore in assoluto. A ottobre eravamo 13esimi e siamo arrivati primi. La Champions coppa dei dettagli? Sì, basta perdere a Siviglia, arrivare secondi nel girone, non essere teste di serie e il sorteggio ti condiziona. O basta giocare una partita come a Istanbul (riferimento a Galatasary-Juve del 2013, n.d.r.) in condizioni al limite dell'impraticabilità"