La voglia di un ragazzino, nel volto di un 38 enne; Gigi Buffon, icona del calcio italiano e mondiale, all'indomani della sconfitta della sua Nazionale con la Germania, si racconta in una lunga intervista a So Foot, tracciando quelli che sono i suoi piani attuali, e quella che potrebbe essere la sua carriera lontano dai pali di una porta.
Il recordman di presenze con la maglia Azzurra avverte subito: "Dopo quest'anno, farò ancora due stagioni prima di smettere. Non voglio giocare dopo i 40 anni. Ma voglio arrivare a 40 anni come sono adesso". Appese scarpette e guanti al chiodo, la carriera del numero 1 potrebbe prendere una direzione inaspettata, spostando i propri orizzonti lontano da Italia ed Europa: "Ho un notevole bagaglio di esperienza, ma non voglio allenare. Piuttosto mi piace il ruolo del selezionatore" - afferma Buffon che poi rivela un po a sorpresa - "Andrei verso delle nazioni come gli Stati Uniti o la Cina, che hanno un grande potenziale per una grande popolazione e che tra una dozzina d'anni potrebbero vincere".
La lunga carriera di Buffon, qualunque sarà la sua scelta dopo il 2018, resterà per sempre legata alla Juventus. Il capitano dei bianconeri ha passato una vita con quel simbolo sul petto, ed ora, a poco più di due anni dal traguardo finale, non ha alcuna intenzione di abbandonare lo Stadium: "Anche se mi offrissero il doppio dello stipendio altrove, io resto a vita alla Juve. Farne parte mi rende fiero. Perché ha un valore. E certi valori oggi sembrano fuori moda" afferma orgoglioso il simbolo bianconero.
Dopo aver rassicurato i fans della Vecchia Signora, Buffon si immerge in un'analisi più attenta, legata alla posizione del calcio italiano e dei giovani ragazzi del nostro Paese: "Ai miei tempi si giocava all’oratorio, in gruppo e convivialità. Oggi i giovani stanno davanti a computer, iPad e calcisticamente fantasia, ispirazione e talento ne sono anestetizzati". Alla specifica domanda sul suo celebratissimo collega, Manuel Neuer, Buffon risponde così, rivendicando il marchio di fabbrica che ha portato il tedesco ad essere considerato il numero uno al mondo: "Quel che fa, lo facevo già nel Parma di Malesani con cui vincemmo Coppa Uefa, Coppa e Supercoppa italiana. Ho sempre avuto la predisposizione al gioco di piede. La vera novità l’ha introdotta il Barcellona una decina di anni fa, integrando il portiere nella costruzione del gioco".
Legata indissolubilmente alla Nazionale italiana, la carriera, ma soprattutto la vita di Buffon, è stata frastagliata da ostacoli difficili da parare anche per un potriere come lui. La depressione, vissuta da Buffon a 25 anni, è uno di questi ostacoli, ma il portiere ora ne parla serenamente: "Avevo 25-26 anni, il ragazzo stava diventando uomo. Era il momento di lasciar perdere l'incuria, la gioia e tutte le stronzate che si possono fare da giovani. Questo cambiamento da un'età all'altra mi ha fatto passare quello che ho passato. Ho superato la depressione senza prendere farmaci: non ho mai voluto essere dipendente da niente e da nessuno. Cercai da solo l’uscita, parlando con qualche amico".
Infine, Buffon racconta una circostanza legata proprio a quel periodo, quando nell'Europeo del 2004 in Portogallo, la mente e le gambe di Gigi sembravano non reagire: "Ero molto spaventato dalla prima uscita contro la Danimarca. Avevo paura di fallire. Ho provato una grande ansia. Grazie al talento e alla fortuna ho disputato una buona partita. E ho svoltato". Poi continua: "Al fischio finale, per la prima volta in 5-6 mesi, non ho più sentito tremori alle gambe: stavo ritrovando la forza che mi aveva sempre accompagnato. Era come se fossi nato di nuovo".
Nonostante l'esperienza c'è l'abbia da vendere, in Buffon la tensione è ancora viva così come la paura che si manifesta in qualche circostanza, ricordandogli che le sfide non finiscono mai, nemmeno dopo aver difeso i pali di una porta per una vita intera: "Ho 38 anni e milioni di certezze, ma ho ancora paura quando gioco talune partite. E la cosa che mi piace di più di me è proprio la consapevolezza di essere spaventato ma anche di voler affrontare la paura. E' come una sfida. Non si tratta di non avere timori. Si tratta di provare la paura, di conoscerla e di superarla".