Invertiamo il percorso, partendo dalla fine. Da quella lotteria certe volte ingrata e certe volte favorevole e fortunosa. Fortunosa fino a un certo punto, perchè dopo essere stati in balia dell'avversario per 120 minuti bisogna avere la personalità di andare dal dischetto a calciare i rigori senza paura. Così ha fatto la Juventus, molle e senza carattere nei regolamentari, poco più vivace nei supplementari, prima che entrasse in gioco l'orgoglio. Simbolico come il primo a presentarsi sul dischetto sia stato uno che dagli undici metri raramente calcia, che da quando è alla Juventus ha tirato un rigore ininfluente, valido solo per mettere il suo nome tra i marcatori della stagione 2011/12.

Andrea Barzagli è stato il primo a presentarsi di fronte a Carrizo, lui che, non ce ne voglia, non possiede il destro di Pirlo, per usare un eufemismo. E' andato lui, mostrando gli attributi e la personalità, segnando. Quanto conta psicologicamente vedere uno dei propri leader che nel momento di maggior difficoltà si prende una responsabilità, andando anche oltre i propri limiti tecnici, non si può esprimere. Ma basti vedere il modo con cui sono stati calciati gli altri quattro rigori, di pura personalità quella personalità che sembrava smarrita nei 120 minuti di partita.

Dovesse Allegri salvare delle fette di partita di ieri sera, sicuramente quasi tutto si riddurrebbe ai supplementari e al sacrificio di Simone Zaza, braccato per tutta la partita ma capace di inseguire ogni pallone fino all'ultimo, mancando naturalmente di lucidità in qualche circostanza, ma non dagli undici metri nella lotteria finale. Perchè la fortuna bisogna costruirsela, bisogna portarla dalla propria parte, così come proprio l'Inter era riuscita a fare nella prima parte di campionato. Nel calcio la fortuna esiste, ma non domanda al caso da che parte stare.

Nell'extra-time si è vista una Juventus diversa da quella dei 90 minuti (arriveremo anche lì), più vivace e soprattutto più coraggiosa, con una baricentro nettamente più alto, che non si è fatta schiacciare sulle due linee e ha anzi alzato anche il pressing sui primi portatori di palla avversari in maniera ordinata, tutto l'opposto di quanto accaduto nei regolamentari. Non è bastato, perchè il turning point è arrivato al primo rigore, l'ultimo turning point dei tre presenti nella partita.

Il secondo è verosimilmente identificabile nel cambiamento di modulo di Mancini, che all'intervallo, sostituendo Kondogbia per Biabiany, ha messo un altro vero uomo di fascia deputato a correre da quella parte, rappresentando una spina nel fianco in una difesa bianconera che ha contenuto quanto poteva, non essendo minimamente aiutata dal centrocampo e dalle incertezze di un Rugani estremamente poco sicuro.

Ovviamente il primo è invece il gol dell'1-0 che ha sbloccato la partita, ha dato fiducia all'Inter e messo paura a una Juve che per la seconda volta in stagione non ha mai tirato in porta nel primo tempo (era successo a Bologna). L'attacco ieri sera ha sofferto specialmente della prestazione a dir poco incolore di Alvaro Morata, un fantasma nella partita che poi dal dischetto ha preso il coraggio a due mani (dopo il rigore di Barzagli), calciando con decisione e personalità.

Nell'elenco dei peggiori insieme a lui figurano praticamente tutti i centrocampisti, ma anche Rugani. Difficile invece trovare sufficienze, forse Neto, Zaza, Barzagli e Bonucci, che in alcuni casi ha evitato che la situazione peggiorasse.

La domanda che ora ci si pone riguarda ovviamente le eventuali ripercussioni di questa sconfitta. I precedenti degli ultimi anni parlano chiaro: dopo ogni tonfo, la Juventus si è rialzata più forte di prima. What doesn't kill you makes you stronger. L'esempio classico da prendere come riferimento è chiaramente quel 4-2 con la Fiorentina, un'altra rimonta subita (non nei 180 minuti però quella volta) che rischiò di demolire le certezze di un gruppo che stava volando sulle ali dell'entusiasmo. E alla fine? Campioni d'Italia con il record di punti, 102 su 114 a disposizione. Un'impresa.

Era un'altra Juve, certo, ma i leader sono rimasti gli stessi, soprattutto la mentalità è rimasta la stessa. Una lezione di calcio subita dagli avversari aiuta ad abbassare la cresta, specialmente se gli avversari sono una squadra di valore e la partita è una classica. Per la squadra di Allegri è già tempo di voltare pagina, pensare all'Atalanta e al Sassuolo, per poi volare a Monaco per giocarsi il ritorno di Champions. Con un bagno di umiltà in più, quanto mai utile. Occhi al futuro, il passato è passato: si riparte dalla personalità, con orizzonti ancora più ampi.