Il carattere della grande squadra, l'atteggiamento di chi è conscio della propria forza, ma allo stesso tempo la grinta e l'umiltà che permettono di chiudersi, di lasciare anche l'iniziativa all'avversario. La Juventus si conferma, pesca la settima vittoria consecutiva in tutte le competizioni e vola in semifinale di Coppa Italia contro l'Inter. A farne le spese la Lazio che forse poteva davvero poco di fronte a questa versione della Juventus, solida, cattiva, determinata. La vittoria ovviamente arriva, ma in maniera quasi rocambolesca e grazie alla goal-line technology, oltre che alla prestazione. Potevano essere di più, molti di più, ma conta il risultato finale in questo tipo di partite. Quindi per la Juve va bene così.
La partita è molto diversa da quella dei primi di dicembre, vinta 2-0 con autogol di Gentiletti propiziato da Dybala e rete proprio della Joya. La Lazio aggredisce subito alta, ma la Juve risponde allo stesso modo. Eppure nell'intensità non riesce ad emergere la qualità, ma la velocità, tant'è che la prima palla gol ce l'ha sul piede la freccia Keita. Prima e unica concessa dalla difesa bianconera, prima e unica volta che Caceres, intelligentemente preferito a Rugani, si lascia scappare lo spagnolo: la velocità dell'uruguagio è chiave, così come quella di Chiellini, mentre Bonucci a centro area coordina, chiude e di fatto concede solo pochi palloni toccati a Klose.
Allegri sorprende un po' confermando sugli esterni Alex Sandro e Lichtsteiner, visto che probabilmente giocheranno anche contro la Roma. Ha ragione? Certo che sì, uno segna e l'altro corre. In realtà la situazione era per entrambi complicata, perchè gli avanti della Lazio scalavano a raddoppiare ogni qualvolta la palla andasse sull'esterno, a sinistra in particolare Candreva dà del filo da torcere a Sandro. E Stephan? Fa quello che sa fare meglio, chiudere, correre ed essere al posto giusto al momento giusto. Non è che il tocco per il gol sia così violento e convincente (Berisha per poco non salva tutto), ma basta così. La regola dell'ex si conferma una volta di più.
Ex o non ex, Simone Zaza non si ferma mai. O meglio, si ferma in quanto a realizzazioni, rimanendo stranamente a digiuno di gol e mettendoci anche del suo con un errore grossolano da pochi passi. Si fa perdonare eccome al 66', quando il suo sinistro a giro da fuori sbatte sul palo e finisce sui piedi di Lichtsteiner. Gol, gioco, partita e incontro. Al suo fianco un Morata volenteroso ma ancora sotto tono, poco aiutato dal trattamento speciale riservatogli dalla difesa della Lazio, ovvero perlopiù botte.
In generale è stata una partita dura, non scorretta senza dubbio, salvo qualche nervo teso di troppo, ma i contrasti non sono mancati, inevitabile quando il pressing è alto per 90 minuti. Sguazza meravigliosamente in questa situazione Stefano Sturaro, recuperatore implacabile di palloni, al quale manca davvero solo una crescita sotto l'aspetto tecnico, mentre fatica di più Marchisio. E Pogba? Prorompente, ma spessissimo triplicato, incide il giusto.
I segnali migliori Allegri non li trae comunque dai singoli, ma dalla prova di squadra, in generale. Affrontare una partita secca, da dentro-o-fuori senza un secondo appello, senza uomini chiave quali Khedira, Dybala o Mandzukic (gli ultimi due, entrati rispettivamente al 75' e al 90', sono anche stati capaci di creare tre ottime occasioni), e riuscire a uscirne in questa maniera è un segno inequivocabile non solo di crescita e maturazione, ma anche del raggiungimento di un livello altissimo.
Sotto il profilo psicologico, è stata indubbiamente la migliore Juve della stagione, al pari forse con quella dell'Etihad di Settembre. Altri tempi, altra squadra, altre certezze. Quella di oggi è una vera Juve, una Juve che può lottare su più fronti. Una squadra che ambisce a diventare un panzer, e per esserlo davvero dovrà giocarsela con chi questo soprannome lo ha già.