Non è solo una questione di campo. L'importanza di Patrice Evra - 34enne di Dakar - trascende il mero aspetto tecnico. Nel momento più difficile, in avvio di stagione, lo spogliatoio si è affidato all'esperienza di Buffon e del transalpino, per costruire, passo dopo passo, il ritorno al vertice. Parole dure, per mettere tutti di fronte al fatto compiuto. Essere squadra, gruppo, cancellare propositi individualistici e remare nella stessa direzione.
Nelle dichiarazioni concesse a Sky Sport, non c'è traccia di paura, Evra indica la via, reprime possibili titubanze e esalta la storia della Juve. Un concentrato di umiltà e convinzione, consapevolezza e conoscenza della propria forza.
"L'obiettivo della Juventus, a inizio stagione, è sempre quello di vincere. Io ci credo ancora, credo nei miei compagni e nella società, possiamo fare qualcosa di grande. Non siamo ancora la Juve, la vera Juve è quella che vince i campionati, al momento non abbiamo ancora fatto nulla. L'avversario più pericoloso per noi è la Juventus: non è arroganza, lo penso veramente. Al 2016 chiedo più sacrificio e più collaborazione, il nostro obiettivo sarà raggiunto quando saremo campioni d'Italia per la quinta volta consecutiva".
Il difficile periodo dell'ambientamento. L'addio di campioni affermati, senatori di rango, l'approdo - alla corte di Allegri - di giocatori di talento, ma non ancora completamente formati. Qualche mese, per assorbire la scossa, prima di una serie di successi utili ad accorciare alla classifica e restituire nobiltà al cammino bianconero.
L'ex United introduce la sfida di Champions con il Bayern e conferma la forza del compagno di reparto - Alex Sandro - in grande ascesa di recente.
"Non siamo più una squadra di nuovi e anziani, ma una famiglia. Dopo il Sassuolo abbiamo fatto una riunione, e parlato tutti insieme, ci siamo detti le cose che andavano fatte, senza trovare scuse. Ci siamo rimessi in discussione, e abbiamo capito l'importanza di giocare per questa società e indossare questa maglia. Era un problema psicologico: qualcosa non andava. Il Bayern? La Juve è una squadra difficile da battere, credo che il Bayern non abbia fatto i salti di gioia dopo il sorteggio". (Su Alex Sandro) "Lui è migliorato molto, a me piace giocare tutte le partite, non amo troppo il turnover. Io sono più il presente che il futuro della Juventus, ma la vivo con calma. Come dicevo a Ferguson: mi riposerò a fine carriera".
Chiude Lichtsteiner, ai microfoni di Mediaset Premium. Lo svizzero ripercorre la stagione corrente e attende - con trepidazione - l'esame di Baviera, un incrocio di maturità, all'apparenza proibitivo.
"Sapevamo che sarebbe stato un altro anno difficile, anche per il cambio dell'allenatore. Non riuscivamo a segnare e subivamo gol alla prima occasione che concedevamo agli avversari. Ci siamo parlati dopo il Sassuolo ma anche senza parole avremmo fatto lo stesso questo percorso perché la squadra è forte e non sono sorpreso che siamo tornati su questi livelli. Il Bayern? Vedremo se rispetto a tre anni fa è cambiato qualcosa, difficile dirlo adesso. Loro sono molto forti e hanno un ottimo allenatore. Sarà una bella sfida"