L'alba del giorno dopo ha colori sfumati. La Capitale si risveglia in un silenzio assordante e, mentre la gente corre per svolgere le pratiche quotidiane, Rudi Garcia entra a Trigoria. Vertice di crisi, sul tavolo frustrazione e presagi di tracollo. Dal Camp Nou all'Olimpico, dal Barcellona all'Atalanta. La mancata reazione in A allerta i vertici societari e la contromossa ha effetti immediati. Importante allontanare l'immagine sbiadita delle ultime apparizioni, la stagione è a un bivio e il fallimento assume sembianze via via più reali.
Allenamento e ritiro, un segnale forte alla squadra, uno schiaffo all'atteggiamento rinunciatario, passivo dei 90 minuti domenicali. Si suda sul campo, perché dal campo deve partire la rinascita romana. Sabato, giornata d'anticipo, il Torino mette la Roma sul banco degli imputati, ai giocatori l'onere e l'onore di una risposta.
Da giovedì tutti a Trigoria, per compattare il gruppo, ritrovare le giuste coordinate, cancellare preoccupanti crepe di spogliatoio. A stretta ruota, il calendario pone l'appuntamento di Coppa. Le sei sberle di stampo spagnolo non chiudono la porta all'avventura europea, ma la Roma deve fare risultato contro il Bate, mercoledì 9 dicembre.
Due partite che pongono Garcia a un bivio, la sua avventura sulla panchina della Roma è appesa al filo sottile del risultato. Vincere, e convincere, per spegnere i fischi della piazza e tranquillizzare Pallotta - ieri a colloquio con i dirigenti giallorossi - per nobilitare un progetto sprofondato, dopo un brillante avvio, in acque stagnanti.
Qual è il volto della Roma? Difficile dirlo oggi, dopo una prova piatta, senza acuti. Una settimana, poco più, questo il termine ultimo per Garcia, per la Roma.