"L'ho visto volare leggero come un angelo, quando aveva la faccia da putto. L'ho visto inventare un tiro che è diventato solo il suo e lanciarsi tra i grandi ancora ragazzo. L'ho visto segnare con la sua squadra soprattutto nelle partite che contavano, negli scontri diretti, nelle finali in giro per il mondo."
Sono queste le parole iniziali del discorso fatto da Caressa per onorare uno dei più grandi campioni di tutti i tempi: Alessandro ‘Pinturicchio’ Del Piero. Nato calcisticamente nel Padova ma cresciuto e maturato nella Juventus, Alex detiene tutti i record che un giocatore potrebbe conquistare con la maglia bianconera: record di presenze e marcature (290/705), record di presenze e marcature nelle coppe ed in serie A, record di stagioni nella Juventus e di stagioni come capitano (19 e 11), record di segnature in una sola edizione della Champions (10). Un’incetta di riconoscimenti personali, arricchiti da moltissimi trofei, che fanno di Del Piero il miglior giocatore che mai ha indossato la casacca bianconera. Un idolo indiscusso per la tifoseria, un campione indiscusso dentro e fuori dal campo, un rapporto però difficile con allenatori e dirigenza: chi non ricorda, infatti, la conclusione della sua avventura con i bianconeri o le parole leggermente critiche che l'Avvocato Agnelli disse di lui nel 2000? (Lo chiameremo Godot).
Nato come esterno largo, un classico 7, Alex ha inventato un gol d’antologia per la sua capacità di accentrarsi e concludere felicemente in porta: un mix di velocità di pensiero e tecnica che ha permesso ad Alex di essere fin da subito un faro per la Nazionale. Purtroppo, però, come spesso capita, un bruttissimo infortunio (lesione del crociato, 8 novembre 1998) costringe Pinturicchio a cambiare il proprio modo di giocare, passando dall’essere esterno a seconda punta più statica e, di riflesso, molto più tecnica. Poco male, poiché Del Piero non cala le proprie prestazioni, continuando a vincere e far vincere le sue due maglie: la bianconera e l’azzurra. Vince la Champions League e la Supercoppa nel ’96, segna la rete decisiva nell’Intercontinetale, marca la semifinale contro la Germania nel Mondiale 2006, vinto dall’Italia. Ha gustato ogni emozione sportiva, tranne il Pallone d’Oro, scandalosamente andato a Sammer nel ’96. Poco male, per chi è abituato ad essere considerato una sorta di divinità per i propri tifosi, gli stessi che ancora sperano di vederlo scendere in campo, con la 10, mentre si intona: "Io di te non mi stanco, sarò sempre al tuo fianco, sei la cosa più bella c’è…"