Un tifone mediatico che lentamente sta passando, lasciando cadere ancora qualche gocciolina di pioggia su Udine: così si può riassumere la diatriba esplosa qualche giorno fa tra l’Udinese Calcio e il quotidiano locale Messaggero Veneto, legata all’ancora più complessa questione del cambio nome dello stadio Friuli.

Tutto era iniziato con la notizia pubblicata dalla stessa testata, prima ancora dell’inizio del campionato, nella quale si rivelava la trattativa tra club, Comune e la casa automobilistica Dacia per porre il marchio di quest’ultima sull’impianto ristrutturato, ormai alle fasi conclusive. Cifra in ballo: all’inizio si parlava di 5 milioni annui per le zebrette, poi diventati 500mila euro.

Di questi, 50 mila sarebbero andati alla città nella proposta originale, ma adesso il Partito Democratico, uno dei partiti che ha ricevuto più voti all’ultima elezione cittadina, vorrebbe monetizzare di più, portando la somma a 75-100mila euro. Ma queste sono notizie odierne di una trattativa che non si sa più se alla Dacia interessi ancora.

La rivelazione ha fatto imbestialire non poco i tifosi, tra cui vari giornalisti storici del Messaggero Veneto, radicato profondamente nel territorio. E le accuse verso i Pozzo non si sono fatti attendere, dato inoltre che l’idea comune era che il nome “Friuli” fosse in memoria delle vittime del terremoto del 1976, costato la vita a quasi 1000 friulani: il patrôn fu così apostrofato di voler “speculare sulle vittime” di quel disastro, cosa che ha scatenato l’ira del numero uno bianconero in conferenza stampa poco dopo.

Ma la verità è che nella delibera del ’78, con cui si ufficializzava il nome dell’impianto da poco costruito (prima la squadra giocava al Moretti, oggi diventato un grande parco in città) non si faceva riferimento ai morti del sisma. Era invece il simbolo di una terra che riparte, come effettivamente fu, rimboccandosi le maniche e ricostruendo tutto.

La diatriba tra le due parti ha avuto così tanta risonanza da arrivare a Radio Deejay, dove Ivan Zazzaroni e Fabio Caressa hanno chiesto al direttore del giornale, ed ex firma de “L’Espresso”, Tommaso Cerno, cosa stesse accadendo da 72 ore. Adesso, però, il tifone è diventato al massimo una pioggerellina incerta, destinata comunque a bagnare i tifosi.

Quantomeno farà piovere sulle casse della città qualche migliaio di euro in più, per operare su strutture sportive che necessitano di lavori e ristrutturazioni, anche se il nome dello stadio non è ancora dato sapere: “Dacia Arena Friuli” non sembra più l’ipotesi preferibile, forse “Stadio Friuli – Dacia Arena”, ma tutto è ancora da decidere in consiglio, con la maggioranza che sta contando i voti disponibili per il cambiamento.

Con una nota nei giorni successivi, Messaggero Veneto e Udinese si sono riavvicinati, ma non è detto che ulteriori scintille esplodano in seguito, come si è già visto negli anni. Entrambi, sicuramente, dovranno maneggiare la questione con cura: con la “friulanità”, da quelle parti, non si scherza affatto.