Il calcio, la pazienza e la memoria sono tre cose che fanno fatica a coesistere. Ancora di più in tempi come questi dove la fretta, di risultati e guadagni, e non di crescita e prestazioni, la fa da padrone. Questo avviene in molte, troppe, realtà del nostro calcio; soprattutto nelle cosiddette "grandi" o presunte tali.
Non serve essere degli esperti per capire che il Milan dovrebbe prendere un paio di difensori di livello per ripartire ma invece si ostina a inseguire attaccanti e trequartisti. Che si tratti di Luiz Adriano, del sogno Ibrahimovic o del colombiano Jackson Martinez non fa differenza. Gli attaccanti portano abbonamenti e fanno vendere magliette, peccato che i difensori facciano vincere le partite. Qualcuno dovrebbe ricordarlo alla dirigenza rossonera. Senza contare che in questo modo alcuni talenti rischiano di bruciarsi o non avere il tempo di provare ad esprimere il loro potenziale (El Shaarawy e Niang tanto per dirne due). Questo poi fa sì che la panchina di quello che era il "club più titolato al mondo" non abbia più l'appeal di un tempo e passi di ex rossonero in ex rossonero (Leonardo, Seedorf, Inzaghi) con modesti risultati. Fino ad arrivare al "tentativo Ancelotti" gentilmente rimandato al mittente dallo stesso ex allenatore del Real Madrid. Dall'altra parte di Milano, sponda nerazzurra, dopo l'addio di Branca sembra chiusa l'epoca dei colpi di mercato stile Schelotto, Forlan, Alvaro Pereira, dei tentativi di scambio Guarin-Vucinic, delle cessioni "senza senso" come quella di Coutinho (miglior giocatore del Liverpool in questa stagione). Anche se adesso a partire, sempre verso i Reds, potrebbe essere Kovacic, la cui cessione servirebbe a provare l'assalto a Cuadrado o, in alternativa, al viola Salah. Thohir ha portato liquidità e prospettive che Moratti non poteva più garantire e Mancini possibilità di acquisti e risultati che non erano alla portata di Mazzarri, la vicenda Yaya Tourè ne è la dimostrazione. Facendo un salto a Roma è possibile vedere come la Lazio sia riuscita a fare un'ottima stagione sfiorando la Coppa Italia e mettendo in luce giovani di ottima prospettiva (Cataldi e Keita su tutti) mentre la Roma si sia dovuta accontentare dei festeggiamenti per il secondo posto nonostante una rosa ampia e con almeno un'alternativa per ruolo. Probabilmente i giallorossi hanno pagato le pressioni di un ambiente non facile e l'italianizzazione di Rudi Garcia che, troppo spesso, è scaduto in polemiche inutili nei confronti di arbitri e avversari, senza contare un reparto offensivo che post-Coppa d'Africa si è clamorosamente inceppato.
Questo per quanto riguarda Roma e Milano, epicentro del calcio italiano, considerato a lungo un punto di arrivo per i più grandi campioni e adesso zona di transizione. La ripartenza è necessaria, fondamentale ad essere precisi e rendersi conto che la strada sarà lunga e dura non guasterebbe.