A luglio, i più felici, per l'abbandono della nave Juve da parte del Capitano Conte, erano i tifosi romanisti, i quali, dopo la straordinaria cavalcata appena terminata, vedevano più vicino il quarto scudetto della loro storia. L'addio di Benatia, seppur sostituito dal bravo Manolas, ha comportato delle conseguenze, forse, difficilmente immaginabili. Il ragazzo marocchino, infatti, insieme a Castan, fuori da inizio stagione a causa di un cavernoma, faceva sì che la squadra potesse praticare un calcio più offensivo, anche rischiando di concedere qualche contropiede, sapendo che dietro vi era una delle migliori "cerniere" della Serie A. In ltalia si sa che, alla fine, più che la rosa con il migliore attacco, a vincere è sempre quella che prende meno gol. Quanti punti avrebbe adesso una Roma con poca lucidità offensiva, ma che, senza regalare i primi minuti alla squadra avversaria, non sarebbe stata costretta a rimonte inutili?
Dall' altra parte del Tevere, invece, i cugini, che nessuno all'inizio dell' anno teneva in considerazione, se la ridono di gusto. I biancocelesti, guidati da un ottimo Stefano Pioli, che, giunto in una squadra dalle grandi ambizioni dopo la lunga gavetta maturata in giro per il Bel Paese, è riuscito, al suo primo anno, a dare un gioco brillante ai suoi ragazzi. Il merito è da dividere con il d.g. Tare, bravo a scovare dei giovani dal grande presente e futuro. La rivelazione della stagione è Felipe Anderson, funambolico ragazzo brasiliano, che, nelle ultime dieci partite, ha trascinato la propria squadra con ben 8 reti e 7 assist. Touchè!
Al quarto posto troviamo un Napoli che, in una stagione in cui la Juve non è più quella dei 102 punti e la Roma non è più la squadra in grado di incantare per organizzazione, gioco e imprevedibilità, doveva fare di più, molto di più. Una creatura, quella di Aurelio De Lauretis, che non può accontentarsi del "semplice" piazzamento Champions, ma che dovrebbe alzare sensibilmente l'asticella. Se Benitez, però, è chiamato il "re di coppe" un motivo ci sarà: le sue squadre, nelle partite da dentro o fuori, possono giocarsela con chiunque, ma in una competizione a tappe non hanno la continuità giusta. Occhio Napoli, senza Champions, il Pipita se ne va!
Ad appena un punto dai partenopei, vi è la Fiorentina, che, grazie alla vittoria allo scadere contro i rossoneri e al turnover sciagurato di don Rafè, ha iniziato a far sentire il proprio fiato sul collo alla compagine napoletana. Vincenzo Montella, nonostante la sfortuna e gli infortuni abbiano falcidiato, per il secondo anno consecutivo, la propria rosa, è riuscito, come sempre, a venirne fuori attraverso un gioco ben preciso e facilmente riconoscibile. Ricordiamo, infatti, gli elogi di Pep Guardiola, il quale ha, più volte, parlato della Viola come un "piccolo Barcellona" per quel suo calcio spagnoleggiante basato su quella ragnatela di passaggi che tanta fortuna sta avendo. Il motto del tecnico Campano potrebbe essere: "Il gioco non si infortuna mai." Poi con un Salah in stato di grazia, nulla è impossibile. Ad 11 giornate dalla fine, la lotta per lo scudetto è già finita (sempre che sia mai iniziata), ma l'autostrada per l' Europa che conta è ancora lunga. E sulla corsia di sorpasso un autista serbo guida una macchina a sorpresa, la Samp di Mihajlovic a fari spenti sogna il colpo.