Guardando l'incontro di coppa Italia fra Milan e Spezia, i più attenti hanno forse notato il numero 27 del club ligure; Emanuel Benito Rivas, da mesi panchinaro nell'Hellas Verona e recente acquisto del club ligure. Il giocatore, proprietario di una carriera più che discreta nelle varie categorie professionistiche italiane, è un personaggio tutto da scoprire.
È il prototipo del giocatore sudamericano, rapido, dribbling secco e sin troppo veneziano. Sempre alla ricerca della giocata; nell'ultima sfida contro i rossoneri ha realizzato un'azione che non è altro che il manifesto del Rivas-pensiero: si è concesso il lusso di vanificare un contropiede tre contro tre con un incomprensibile apertura di sinistro, piede che solitamente usa solamente per scendere dalla macchina. Ed è proprio la conduzione del pallone la parte più "eccitante" e selvaggia del gioco di Rivas, tocca insistentemente la pélota con interno ed esterno destro, brevilineo che diventa immarcabile dopo aver saltato il primo uomo ed aver raggiunto il picco della propria accelerazione.
Un singolo termine, mediante un articolo, può riassumere il tutto. "Il Calcio".
Rivas è l'essenza del calcio di chi gioca per strada, di chi asseconda il gol alla voglia di spettacolo, di chi cerca sempre la giocata. Rivas è il futebol bailado delle coste sud-americane, un Nani preferito ad un Inzaghi del caso. Rivas è il calcio degli appassionati.
Troppo deleterio per essere definito un ottimo giocatore ma troppo talentuoso per essere cestinato da qualsiasi progetto in terra nostrana. Vive le migliori annate nel Bari di Ventura dove da atipico esterno in un 4-2-4 in cui dovrebbe avere compiti difensivi, che limita al minimo sindacale, si destreggia con regolari giocate che fanno perdere la bussola al difensore di turno.
Volto da Indìos che richiama la città natale di Quilmes, celebre per essere la patria del Kun Agüero e dell'omonima Cerveza Quilmes, la birra nazionale del paese biancoazzuro.
Calcisticamente, però, matura nell'I ndependiente de Avellaneda, ecco, qua forse andrebbe rivisto qualcosa.
Matura è probabilmente il termine meno adatto per descrivere la parabola sportiva di Rivas. Dotato da madre natura di capacità surreali nel gioco del football è il classico giocatore posto in un eterno limbo fra ciò che potrebbe diventare e ciò che più mestamente è.
Traslando si potrebbe paragonare la carriera del giocatore a quella del connazionale Zárate, altro privilegiato che si è smarrito nel proprio percorso calcistico.
Tra l'altro i due condividono anche una carriera da giramondo che prima di condurli al BelPaese gli ha presentato terre lontante ed esotiche.
Alla soglia delle 30 primavere Rivas rimane un giocatore tanto incisivo nel singolo episodio quanto deleterio per il bene comune di una squadra, raramente dopo aver raggiunto il fondo si mostra capace di traversoni insidiosi e ancor meno volte riesce a trafiggere i portieri avversari, solitamente per demeriti propri come mostrano le circa venti reti realizzate in una carriera che vanta più di duecento presenze.
Eppure si tratta di un pacchetto completo oramai tristemente noto. Rivas emoziona, crea spettacolo e spreca, eppure sono convinto che il bello del calcio sia proprio in questi personaggi, inutili per una squadra ma maledettamenti efficaci nel riscaldare i cuori dei tifosi e degli appasionati.
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