Roma è in subbuglio, 4 pareggi consecutivi (e solo 3 reti segnate) con annesso addio alla testa della classifica, hanno creato un più o meno celato disagio in tutto l’ambiente. Cosa sta accadendo? È finita la magia o è soltanto una normalizzazione di risultati fisiologica? Insomma, si è rotto qualcosa nel giocattolo di Garcia o il tempo restituirà quel capolavoro che era la squadra delle prime 10 giornate?
TRA REALTÀ E SOGNO – Alzi la mano il tifoso che, a inizio stagione, non avrebbe messo la firma per avere 34 punti dopo 14 giornate. Il passato, nel calcio come nella vita, si dimentica troppo in fretta. Grave errore. Le ultime stagioni della Roma sono state disastrose, la finale di Coppa Italia persa malamente contro i cugini laziali ne è stata il punto più basso. Una sessione di calciomercato, ancorché condotta molto bene, non può fare miracoli. L’obiettivo era e resta il terzo posto dunque, e, in questo senso, la classifica sorride.
Certo sono arrivate 10 vittorie consecutive per iniziare la stagione. Nessuno nella storia lo aveva mai fatto. Parlare più o meno sommessamente di scudetto era lecito. Sembrava una Roma invincibile, solidissima, concreta e anche fortunata. La vittoria di Udine ne è stata l’emblema. L’emblema della squadra predestinata. Ora, dopo 4 mezzi passi falsi, è tempo di ricredersi e tornare con i piedi per terra? No, chi pensa che questa squadra possa arrivare fino in fondo fa bene ad andare avanti con la sua convinzione, perché il gioco espresso e i risultati delle prime 10 giornate lo supportano.
Cerchiamo invece di capire cosa è cambiato nelle ultime quattro partite e se ci sono i margini perché gli uomini di Garcia tornino a brillare.
NO TOTTI NO PARTY – Partiamo proprio da qui. Il fatto che la crisi di risultati sia arrivata dopo lo stop del Capitano non è una coincidenza. La mossa illuminante di Garcia, restituirgli il ruolo di punta centrale, è stata la chiave del gioco giallorosso. Né un attaccante vecchia scuola alla Borriello né un “falso nueve” alla Ljajic danno lo stesso apporto in fase offensiva. Manca il guizzo, manca l’invenzione, manca l’apprensione che la sola presenza di Totti porta nelle difese avversarie. A complicare ancor di più la situazione ci si è messo pure l’infortunio concomitante di Gervinho, rivelazione del primo scorcio di campionato. Senza la profondità che l’ivoriano garantiva e senza le pennellate firmate dal suo Capitano, la Roma non è stata più la stessa. 3 gol seganti nelle ultime 4 partite, inutile aggiungere altro. E il fatto che non sia una crisi generale ma solo del reparto avanzato lo dimostra l’impenetrabilità della porta di De Sanctis (4 reti subite in tutta la stagione).
GLI AVVERSARI – Ci sono e, più passa il tempo, più studiano i meccanismi di Garcia cercando contromosse. Un copione simile nelle ultime partite c’è stato. Grande traffico nelle vie centrali del campo e spazio sulle fasce. Chi ha affrontato la Roma ha cercato di limitare quegli scambi stretti nella zona della trequarti campo assolutamente mortiferi per le linee difensive e concedere invece campo ai terzini, invitandoli al cross dal fondo. Già ma cross per chi? Borriello, quando è stato a disposizione, ma la poca precisione nel gesto tecnico sia di Maicon che di Balzaretti (meglio Dodò) hanno impedito che il bomber napoletano potesse incidere, mentre in sua assenza queste palle finivano facile preda delle difese. In attesa del ritorno di Totti (il 16 dicembre contro il Milan) per domenica le strade sono due: o spazio subito per Destro/Borriello con servizi precisi e costanti o stop con i cross dal fondo e scambi stretti in stile Barcellona a ogni costo.
ARBITRI – Qui gli animi dei tifosi giallorossi si scaldano. La diffidenza regna sovrana (e non da oggi). Gli episodi a sfavore ci sono stati, è indubbio, mancano dei rigori, mancano dei minuti di recupero oltre il 90’, mancano gestioni sicure da parte dei “fischietti”. La parata di Canini con l’Atalanta non è andata giù a nessuno, dirigenti compresi. Si è scelto di non fare eccesiva polemica, di far passare questo momento sfortunato consci del fatto che come ha sbagliato clamorosamente domenica il fin qui fantastico De Sanctis, la stessa cosa può accadere a un direttore di gara. Scelta sensata quella dei piani alti giallorossi, che sanno come alzare i toni non faccia bene a nessuno.
Da queste premesse e tenendo conto del fatto che la squadra ha sempre lottato e dimostrato carattere, è lecito essere ottimisti. Aggiungiamo Totti, un pizzico di fortuna (anche da un punto di vista arbitrale) e una migliore condizione fisica generale agli ingredienti di qualità che già ci sono e quello che otteniamo è un dolce buonissimo. Degno di un premio, forse addirittura del primo.