La Serie A è sempre meno italiana. A nulla è valsa la debacle azzurra ai Mondiali del 2010 per invertire la marcia e ripartire dai giovani; quel 24 giugno 2010, l'Italia fu sconfitta per 3-2 dalla Slovacchia, e venne eliminata dal Mondiale senza mai vincere. Quello sarebbe dovuto essere un nuovo inizio, con i giovani talenti nostrani, che avrebbero dovuto ringiovanire le rose di un campionato sempre più vecchio e formato in buona parte da stranieri. Ma non è andata affatto così. Anzi si è continuato, come se nulla fosse, ad investire sull'usato sicuro, dando fiducia a giocatori sopra i 30 anni. Neanche il buon percorso degli azzurrini ad Euro 2013 ha smosso allenatori e dirigenti. L'esempio più lampante è quello dell'Inter, uno dei migliori vivai europei, che ha venduto due dei cinque giocatori che componevano la difesa azzurra al recente Europeo. Caldirola e Donati sono stati ceduti a Werder Brema e Bayer Leverkusen. Questo è attualmente il calcio italiano: un movimento in piena crisi dove molto, se non tutto, è da ricostruire.

Un dato preoccupante è quello fornito dall'età media della Serie A in confronto ai maggiori campionati europei, infatti, secondo Transfermarkt, l'eta media del campionato è di 26,3 anni, l'Inghilerra è sopra di noi di un soffio, ovvero 26,4, segue la Spagna a 26,6, in Germania l'età media è attestata sui 24,6 anni di poco superiore quella della Ligue 1 in Francia. Negli altri paesi le Federazioni hanno obbligato i club professionistici a creare delle proprie accademie dove far crescere i campioni del domani, un modello che funziona benissimo in Germania. Dopo il tonfo ad Euro 2000 capirono che era arrivata l'ora di cambiare e i frutti di quel lavoro certosino si stanno ammirando in questi anni: la Bundesliga primeggia per organizzazione e impiantistica, con stadi che in Italia molte squadre osservano con il cannocchiale. Ma soprattutto in Italia solo una piccolissima parte di giocatori provengono dal settore giovanile, quando in Europa buona parte degli organici derivano dai vivai. 

Gli investimenti nelle "cantere" costituiscono una colonna portante per la fioritura dei futuri campioni. L'Inter è la squadra che punta di più sul settore giovanile, investendo 6 milioni; seguono Milan e Juventus a quota 5 milioni. Non sempre investire nei giovani equivale a ritrovarsi campioni come Del Piero o Baggio. Ma ci sono molti punti a favore; dopo aver valorizzato al massimo i giocatori fino a fargli raggiungere una quotazione elevata, si potranno rivendere se si è in difficoltà economiche creando subvalenze. Sulle accademie istituite dalle Federazioni straniere si è espresso con un commento amaro Arrigo Sacchi dicendo che: "A noi serve più di un mese per realizzare cose che all'estero attuano in una settimana". Un ostacolo per i giovani che effettuano il salto di categoria è l'ossessione della vittoria, del risultato a tutti costi, invece che analizzare la prestazione passo passo e migliorarsi su alcuni punti. Questa è la visuale attuata da buona parte delle dirigenze sui giovani, con sempre maggior pressione sulle spalle.