Partiamodalla fine. Il momento dove tutto nasce e, dove tutto si andrà sviluppando nei prossimi giorni in un crescendo di tensioni e malumori. Non per colpa di qualche singolo, non per colpa di Rudi Garcia, non per colpa della dea bendata che sembra aver voltato le spalle. Al triplice fischio l'Olimpico di Torino esplode "letteralmente", un boato di quelli che i tifosi granata ricordano solo per un pareggio con la Juve o per essere tornati in Serie A. Le facce dei giallorossi però, tutti le guardano e tutti le temono subito, ancor prima di uscire dal campo, perché il senso di frustrazione, il senso di negazione che si ha dopo una partita come quella di ieri sera è difficile da togliere dalla mente. Mentre il Torino corre esultante verso la sua curva, i giocatori capitolini escono a testa alta dal campo senza accennare il minimo segno di scoraggiamento, consapevoli che qualcosa di strano sia successo ma, ancora più convinti delle loro potenzialità.
De Rossi e le lamentele
"Io non mi lamento quasi mai. Anzi, quasi più. Io mi lamento contro l'ostruzionismo degli avversari, anche contro il Chievo abbiamo giocato 10' nella ripresa... . Diventa frustrante giocare così. Sento gente che si lamenta degli arbitri, anche in maniera vergognosa, noi non dobbiamo lamentarci, soprattutto alla prima partita che pareggiamo".
Il concetto di Daniele De Rossi andrebbe preso come spunto per una lezione alla FIGC. L'etica del calcio, l'etica dei calciatori, chiamatela come volete, lo schiaffo più forte lo tira proprio lui, De Rossi. Non una lamentela verso l'arbitro, non una lamentela verso i suoi assistenti, ma contro chi in Serie A nasconde la testa come gli struzzi, si scaglia contro chi gioca con la paura e per la paura stessa rinuncia a giocare. Si scaglia contro chi offre uno spettacolo indecente, fa risultato e corre ad esultare per un pareggio.
Presa di coscienza
Si riparte dunque, dai tifosi e calciatori granata esultanti in curva e sotto di essa, ma si riparte, soprattutto, dalle facce dei calciatori giallorossi. All'uscita dal campo quella sui volti dei giocatori capitolini non è rabbia, non è amarezza, è grinta, è cattiveria, è consapevolezza. Consapevoli di essere diventati grandi. Grandi e temibili. Perché la Roma di Rudi Garcia costringe tutti gli avversari a guardarla, a studiarla, a commentarla, a fermarla con ogni mezzo, a volte lecito a volte meno limpido e trasparente, ma solo i grandi riescono a far si che l'avversario impaurito si difenda, smetta di giocare, usi mezzucci da bar, o peggio, ricorra ad aiuti esterni. Si riparte dalle facce di De Rossi, Florenzi, Pjanic e gli altri calciatori, che sanno che questo pareggio è qualcosa che non doveva finire così, ma è arrivato, perché ora la fila dei nemici della Roma è più lunga.