Massimo Moratti ha ricevuto moltissimi attestati di stima in questi giorni, che hanno suggellato l'acquisizione del suo giocattolo preferito da parte del tycoon indonesiano Erick Thohir. La sua famiglia ha amministrato l'Inter per ben trentuno anni complessivi (diciotto lui, tredici il padre Angelo) e ha regalato al club di via Durini ventitrè trofei ufficiali (sedici Massimo, sette Angelo) sui trentanove complessivi. E' dunque giustissimo che tifosi interisti e semplici appassionati di calcio ringrazino l'imprenditore milanese per l'impegno economico garantito in tutti gli anni della sua gestione, ma è anche opportuno analizzare le sue scelte ed evidenziare alcuni errori, più o meno grossolani, partendo dall'inizio.
Massimo Moratti è figlio di Angelo, ricco petroliere fondatore della Saras (compagnia da pochi anni quotata in borsa e, dall'aprile scorso, partecipata per il 13,7% dalla russa Rosneft), ed è proprio dal padre che eredita la passione per il pallone. Il genitore, infatti, fu numero uno dell'Inter dal 1955 al 1968 e principale artefice dell'epopea della 'Grande Inter' di Helenio Herrera che, in quegli anni, conquistò tre campionati, due Coppe dei campioni e due Coppe intercontinentali e che è tuttora considerata una delle più forti compagini mai esistite. Fu anche per una questione ''affettiva'' che Massimo decise, nel febbraio del 1995, di rilevare da Ernesto Pellegrini la squadra nerazzurra, nel tentativo di rinverdire i fasti del padre.
I primi anni non furono esattamente facili; già nella stagione 1995-96 Moratti effettua il primo cambio di allenatore, sostituendo Ottavio Bianchi con l'inglese Roy Hodgson. In tutto saranno diciotto i tecnici che si alterneranno sulla panchina interista, compresi anche i traghettatori (come Verdelli e Castellini). Comunque, la scelta di Hodgson inizialmente sembrò quella giusta: con lui infatti l'Inter sfiorò il primo trofeo della nuova gestione, la Coppa Uefa 1996-97, persa contro lo Schalke ai rigori. Inutile dire che l'inglese l'anno dopo non restò al suo posto, ma l'instabilità di questo periodo non fu dovuta solo allo scellerato valzer dei tecnici (memorabile la stagione 1998-99, quella dei quattro allenatori), perchè anche la rosa fu ripetutamente rivoluzionata; basti pensare che, prima dell'acquisto di Gresko (2000), alla Pinetina si avvicendarono ventuno terzini (!) in poco più di cinque anni, tra i quali un ancora acerbo Roberto Carlos.
Di aspetti positivi se ne trovano ben pochi: il sorprendente acquisto di Ronaldo nel 1997 per 51 miliardi di lire in contanti e il primo trionfo della nuova era, la Coppa Uefa nel 1998 (vittoria per 3-0 in finale sulla Lazio di Eriksson), non compensano gli enormi investimenti economici fatti dal patron che, si calcola, nei primi sette anni della presidenza ammonterebbero a 500 milioni di euro.
L'Inter del nuovo corso, dunque, spende e spande senza troppa logica: fu Moratti stesso ad ammettere di aver ingaggiato giocatori come Vampeta o Recoba perchè i suoi figli se ne erano innamorati vedendoli in televisione. L'innesto di alcuni ''bidoni'' (come il franco-ivoriano Cyril Domoraud) e imperdonabili errori di valutazione (come la cessione del 'Cholo' Simeone alla Lazio nell'ambito dell'affare Vieri) non fanno che aumentare perdite e debiti; in quindici anni di gestione Moratti (1995-2010), le prime ammontano a 1,2 miliardi di euro, mentre i debiti ''solo'' a 460 milioni. A queste voragini finanziarie Moratti ha dovuto provvedere nel corso degli ultimi anni iniettando nelle casse nerazzurre ben 735 milioni complessivi, cifra molto vicina ai 750 milioni cash pervenuti sui suoi conti bancari all'indomani della collocazione in borsa della Saras (2006).
A partire dal 2004, però, qualcosa sembra cambiare. L'arrivo di Roberto Mancini garantisce i primi successi in campo nazionale: la squadra trionfa due volte in Coppa Italia (2005 e 2006), vince una Supercoppa nel 2005 contro la Juve e ottiene il sospirato tricolore tre volte (2006, 2007 e 2008), di cui una a tavolino. L'affermazione in Europa arriva solo con Josè Mourinho, che nel 2010 centra lo storico 'triplete' (oltre allo scudetto e alla Supercoppa dell'anno prima), mentre la prima gioia intercontinentale è della stagione seguente (Mondiale per club), e si aggiunge ad un'altra Supercoppa nazionale e all'ennesima Coppa Italia. Dopo il 2011 l'Inter ha accusato una fase di stallo, dalla quale Thohir dovrà risollevarla: l'augurio è che ci riesca dimostrando la stessa passione di Moratti, senza dover necessariamente mettere mano al portafoglio come il suo predecessore, che in totale ha speso per l'Inter quasi 1,5 miliardi di euro. Cifra astronomica già di per sè, figuriamoci in tempi di crisi.