Nelle sue migliori stagioni da allenatore José Mourinho ha all'interno della sua rosa un uomo simbolo: spesso l'emblema del sacrificio e l'incarnazione dello spirito dell'allenatore portoghese. Nella stagione del triplete interista è stato Eto'o, trasformatosi in mezz'ala di destra/sinistra pur di rientrare negli schemi dello "Special One", nel primo passaggio al Chelsea Frank Lampard, schierato come trequartista, ala e tornante di centrocampo, al Real Madrid non è riuscito ad imporsi con la stessa facilità proprio per la mancanza di quello spirito d'abnegazione trovato nelle precedenti avventure.
Anthony Martial ha tutto per seguire le orme dei suoi predecessori: giocatore intelligente, dotato di un ottimo "decision making", rapido ed in grado di spaccare le partite partendo dalla panchina ma soprattutto con tanta voglia di rivincita. Nelle sue prime due stagioni allo United ha risentito molto degli 80 milioni spesi per lui nel Deadline Day dell'estate 2015; Mourinho, come solo lui sa fare, lo ha responsabilizzato facendolo partire dalla panchina, dandogli la possibilità di sfruttare gli spazi offerti dalle sponde di Romelu Lukaku nella seconda metà del secondo tempo.
Il gol contro il Totthenam è la perfetta sintesi della sua "evoluzione": scatto alle spalle del difensore sfruttando tutta la sua freschezza, sinistro ad incrociare che lascia senza possibilità di replica Hugo Lloris ed esultanza (con un pizzico di vanità che non guasta mai) sotto la Stretford End.
Mourinho è chiamato quest'anno all'impossibile: fermare la cavalcata di Guardiola e del suo City verso il titolo...che sia "Tony Martial" la risposta ai suoi problemi?