Quella appena vissuta dal Manchester United è stata, nel globale, una stagione travagliata, sempre con una sorta di ansia da prestazione dovuta alla rincorsa degli obiettivi posti da un mercato che aveva portato una spesa totale di quasi 200 milioni a causa degli acquisti di Bailly, Mkhitaryan e, soprattutto, Paul Pogba, di ritorno in Inghilterra come calciatore più pagato della storia del calcio, per una cifra di 105 milioni di euro. Probabilmente, i problemi dei Devils sono cominciati già in estate, anche se - a livello di risultati - il periodo più caldo dell'anno aveva fatto tutto sommato bene alla nuova guida tecnica presa da Mourinho. Il portoghese si è seduto sulla nuova panchina e doveva essere l'iniziatore di un nuovo ciclo: come vedremo, non ha completamente fallito in questo.
Andiamo però con ordine: tutto è iniziato ad agosto, con la vittoria nel Community Shield contro il Leicester, che già dava qualche segnale particolarmente preoccupante sulla stagione delle Foxes. Trascinato dall'entusiasmo del primo trofeo stagionale ottenuto e dalle giocate di Ibrahimovic, per lo United la strada è stata spianata nelle primissime giornate, fino all'arrivo del derby col City, primo vero spartiacque dell'annata. In quell'occasione furono gli Sky Blues a prevalere per 1-2: da allora è iniziato un periodo parecchio problematico dalle parti di Old Trafford. Nelle 9 giornate seguenti a quel KO, i rossi hanno vinto soltanto in 2 occasioni, pareggiando invece in 5 di queste, in un bilancio che li ha portati a calcare la zona fuori dall'Europa. Poi un'improvvisa ripresa: 6 vittorie di fila, ma il piazzamento rimaneva quello, un tristissimo sesto posto. Mou nel frattanto aveva messo in bacheca un altro titolo, ovvero l'EFL Cup, battendo a febbraio il Southampton in finale: un trofeo minore, ma sempre un trofeo, sempre qualcosa che rientra nella bacheca. In campionato, i Devils sono comunque rimasti imbattuti per un lungo periodo, ma hanno rinunciato alla corsa al quarto posto abbastanza miseramente e hanno chiuso la propria corsa alla sesta posizione, dopo essersi tolti la soddisfazione di una vittoria simbolo sul Chelsea, per 2-0, con una prova tatticamente straordinaria.
Nel parallelo invece la stagione si evolveva anche in chiave europea: nella seconda massima competizione per club del nostro continente, gli inglesi hanno fatto valere la propria superiorità su ogni avversario ed hanno puntato essenzialmente su una forte solidità difensiva unita a dei singoli qualitativamente straordinari per vincere. Questa formula è bastata nella competizione, dove è arrivato poi il successo finale contro l'Ajax: non può bastare per farsi valere in campionato, dove si necessita di una maggiore organizzazione. Una maggiore organizzazione vista in quel pomeriggio di Old Trafford in cui i padroni di casa hanno battuto i Blues futuri campioni: il tecnico ha trasmesso ai propri giocatori un forte senso di appartenenza per la maglia, apparso evidente nel finale di stagione quando la squadra fisicamente ha iniziato a mollare, anche per colpe non sue.
Se c'è una cosa su cui i Red Devils possono recriminare, questa è infatti la componente degli infortuni. I problemi di Bailly prima ed Ibrahimovic poi hanno avuto una grossa influenza sui risultati: in alcuni casi, come nel secondo, si è riuscito a fare di necessità virtù e a trovare delle ottime alternative; la mancanza dell'ivoriano in difesa però si è fatta sentire, e parecchio. E queste sono soltanto due delle assenze più gravi: la rosa, che presentava tante alternative ad inizio anno, è stata letteralmente decimata da infortuni di ogni genere a qualunque elemento.
In questo senso, sicuramente non ha aiutato la gestione "particolare" di alcune problematiche di taluni calciatori attuata da Mourinho. Il portoghese ha lavorato bene sulla testa dei giovani, richiamandoli all'ordine, alla disciplina e alla massima applicazione per la maglia: tuttavia, rimane inspiegabile l'uso che è stato fatto ad esempio di Martial in alcuni mesi nei quali il francese è apparso poco motivato, prima degli "scossoni" del suo allenatore nel finale di stagione. Lo stesso discorso si potrebbe fare per l'inserimento di Mkhitaryan, in campionato visto pochissimo: l'armeno si è mosso benissimo quando è stato lasciato giocare, salvo che abbia effettivamente giocato soltanto in Europa League. Per lo slavo si prospettava un impiego sicuramente diverso ad inizio annata.
Molto complicato è stato inoltre il problema tattico riguardante Pogba: il francese è stato impiegato come mezzala o vertice basso in un 4-3-3 o ancora come mediano o trequartista in un 4-2-3-1, ma non è mai apparso nella propria condizione ideale di rendimento. L'ex Juventus è stato molto penalizzato da questa situazione nei primi mesi dell'anno, poi è riuscito ad evolversi ed ha preparato il terreno per diventare il giocatore che Mourinho gli chiede di essere: non solo un rifinitore ma un vero e proprio centrocampista box-to-box, che possa aiutare la manovra in entrambe le fasi grazie ad una fisicità dominante e ad una tecnica spiccata tanto quanto il senso tattico spesso sottovalutato del numero 6 rosso. Il transalpino potrebbe aver così completato un importante processo di maturazione in questa stagione, che potrebbe tornargli parecchio utile in futuro.
Non sono mancati comunque grandi exploit dei singoli. In primis, non si possono non citare quelli di Antonio Valencia e De Gea. L'esterno oramai abbassato a terzino si è riscoperto essere quel giocatore fortemente dinamico ed efficace in tutte le situazioni di gioco che conoscevamo qualche anno fa; lo spagnolo si è invece confermato su livelli di rendimento vertiginosi, a supporto di una fase difensiva piuttosto carente resa principalmente da lui la seconda migliore dell'intera Premier League. Il premio di "miglior progresso" va invece a Marcus Rashford, il centravanti classe 1997 che si è riscoperto leader della squadra ed è stato in grado di non far sentire la mancanza di Ibra dopo l'infortunio dello svedese a suon di giocate di classe ed accelerazioni col turbo. Cresciuto in casa, l'inglese è stato in grado di coprire anche la posizione di esterno d'attacco in quest'annata ed è diventato un giocatore più efficace negli ultimi metri di campo. Sicuramente la sua crescita è una delle note più positive di questo contesto.
In un bilancio finale, potremmo dire che Mourinho ha comunque costruito qualcosa per questo Manchester United, gli ha garantito un futuro la cui base sono i tre trofei conquistati in questa stagione. Queste certezze serviranno ad effettuare un cambio di mentalità per cui il tecnico ha spinto tanto nel corso dell'anno, chiedendo tante volte anche in pubblico ai propri uomini di rendere un pochino di più. Quanto il 2016-2017 lascia ai Red Devils ce lo dirà soltanto il futuro: è stata piantata una base solida nel terreno, dal 2018 bisognerà costruirci sopra qualcosa di serio. Magari anche in Champions League.