Due interviste diverse - una rilasciata prima, l'altra dopo la vittoria di ieri in campionato contro il Burnley - di Pep Guardiola stanno agitando non solo l'ambiente del Manchester City, ma l'intero mondo del calcio. Un Guardiola nervoso, sotto pressione per le difficoltà incontrate in questa prima parte di stagione sulla panchina dell'Etihad, ha confessato all'emittente statunitense NBC di essere "vicino alla fine della (mia) carriera". 

Uno sfogo, un avviso ai naviganti, seguito da un botta e risposta aggressivo con il giornalista che lo intervistava in tv dopo la sofferta vittoria in Premier League contro il Burnley (un 2-1 casalingo maturato in inferiorità numerica dopo l'espulsione di Fernandinho). Ma cosa ha davvero detto il catalano per suscitare un tale vespaio? Andiamo con ordine. Nella sua chiacchierata con NBC, Pep ha chiarito di non voler allenare per tutta la vita: "Rimarrò al City per le prossime tre stagioni - le parole dell'ex Barça - forse di più, ma non mi vedrete in panchina fino a 60 o 65 anni. Sento che il mio viaggio verso l'addio è già cominciato. Sto arrivando verso la fine della mia carriera da allenatore, di questo sono sicuro". Tanto rumore per nulla, verrebbe da dire. E' noto infatti che Guardiola, da perfezionista e per certi versi integralista qual è, non riesca sempre a sopportare le pressioni della vita da allenatore (in questo caso da manager, trovandosi in Premier League). Già ai tempi del Barcellona, dove era idolatrato da stampa, tifosi e giocatori, Pep decise di prendersi un anno sabbatico, quello della stagione 2012-2013, dopo un quadriennio ricco di trionfi sulla panchina del Camp Nou. Stanco, quasi prosciugato, trascorse buona parte di quel periodo lontano dal calcio a New York, per poi tornare in sella al Bayern Monaco: altri tre anni di successi, anche se non coronati dal raggiungimento dell'obiettivo della finale di Champions League (in altrettante occasioni sconfitto in semifinale da squadre spagnole: nell'ordine Real Madrid, Barcellona e Atletico). 

Fin qui, dunque, nulla di nuovo per un tecnico che ha sempre dimostrato di vivere in maniera ossessiva e maniacale la sua professione. La principale novità sta invece nel nervosismo di cui ha dato sfoggio recentemente, in questa prima fase della sua avventura in Premier League. Atteso al varco da giornalisti e avversari, Guardiola ha perso il controllo della situazione nel rapporto con i media, ponendosi nella situazione di chi è convinto di essere incompreso. Pep contro il calcio d'Oltremanica dunque? Semplicistico, ma il messaggio mediatico è ormai passato. Ed è passato anche attraverso interviste postpartita come quella di ieri rilasciata a caldo a Damian Johnson di BBCSports. Uno scambio di battute veloce, con il tecnico del City visibilmente irritato. Alla domanda del giornalista sul cartellino rosso sventolato a Fernandinho, il catalano ha risposto piccato: "Sei tu il giornalista, non io", per poi proseguire con un: "Chiedi all'arbitro, non a me. Siamo la squadra con la maggior percentuale di possesso palla, ma ci mandano sempre fuori un giocatore. Devo ancora capire come funzionano le regole qui in Inghilterra. In tutto il mondo toccare il portiere nell'area piccola significa fare fallo, qui no. C'era fallo su Claudio Bravo (a proposito del gol subito dal Burnley su calcio d'angolo, ndr): è tutto ok, ma devo ancora abituarmi alle vostre regole". Infine, un altro paio di risposte non certo accomodanti: "Non sembro felice per aver vinto? Lo sono, molto più di quanto tu creda. Sono molto felice, buon anno. City in corsa per il titolo? Ieri non lo eravamo, perchè oggi dovremmo esserlo?". Insomma, un Guardiola polemico, probabilmente insoddisfatto per i risultati della sua squadra, in una versione - questa sì - lontana dal personaggio, mentre i suoi propositi di chiusura della carriera da allenatore non dovrebbero invece sorprendere nessuno, e neanche essere messi in relazione alle attuali difficoltà in Premier League.