L'Arsenal mette la freccia e spera nell'operazione sorpasso in testa alla classifica, ma intanto l'affiancamento è cosa fatta. Sesta vittoria consecutiva in Premier League per i Gunners, la vittima odierna è uno Swansea volenteroso ma che cade per 3-2. Bob Bradley bagna così con una sconfitta l'esordio in terra anglosassone, ma con ottime indicazioni da cui ripartire.
Il tecnico statunitense sceglie un assetto difensivo, con il solo Fer ad aiutare la punta adattata Sigurdsson, rinunciando così a Baston, accomodatosi in panchina. Wenger non cambia invece le proprie abitudini, conferma gli undici che due settimane fa hanno espugnato Turf Moor, nonostante una non perfetta prestazione: assente Giroud, Sanchez va ancora da riferimento.
Tema tattico che si rispecchia anche nell’atteggiamento delle compagini: i Gunners approcciano con il solito buon possesso palla ordinato, i gallesi invece si chiudono a riccio, in realtà senza troppo ordine inizialmente. La prima conclusione è un’incornata di Mustafi, alta di poco, mentre gli ospiti tentano qualche fiammata in ripartenza. A forza di essere pressata e schiacciata, la difesa dello Swansea si spezza al 26’: apertura a destra per Bellerin, la cui sponda di testa viene controllata malissimo da Amat a centro area, tanto che Walcott ha il tempo di anticipare l’avversario e insaccare di punta. Due minuti ancora un contropiede magistrale, col terzino spagnolo dei londinesi che vede il suo tocco sotto parato da un reattivo Fabianski.
Passano sei minuti e ancora l’ala inglese si ritrova quasi per caso, su azione da corner, un pallone tra i piedi a un metro dalla porta: controlla, si gira, calcia e raddoppia. I Gunners commettono però l’errore di sedersi sugli allori, Xhaka (partita da dimenticare) in particolare, tanto che al 38’ prova un dribbling sulla propria trequarti su Sigurdsson, perdendo palla; l’islandese non ci pensa due volte, calcia e pesca la traiettoria vincente. Nel finale l’offensiva ospite si fa più convinta, sempre col proprio giocatore di maggior talento sugli scudi con un altro paio di conclusioni controllate da Cech senza patemi.
In apertura di ripresa la gara sembra più equilibrata, almeno finché l’Arsenal riprende a giocare alla propria maniera: prima Fabianski riesce a parare una botta centrale di Walcott, ma nulla può al 57’ su uno splendido mancino al volo da dentro l’area di Ozil, ispirato da una deliziosa palla di Sanchez. Di nuovo sotto di due gol, Bradley estrae l’arma vincente dalla panchina, ovvero Borja Baston: Barrow prende il fondo crossa al centro dove lo spagnolo è un po’ troppo solo, e al 66’ è 3-2. Due minuti dopo Fer avrebbe anche la palla del 3-2, ma pecca di precisione.
La fiducia dei cigni aumenta, inversamente proporzionale a quella dei ragazzi di Wenger, questi ultimi vi uniscono anche ingenuità: Xhaka tocca da dietro Barrow, maliziosamente ma senza cattiveria, ma per Moss è un intervento passibile – severamente – con un rosso diretto. In inferiorità, i padroni di casa subiscono maggiormente, ma riuscendo anche a ripartire in alcune occasioni, per poi coprirsi maggiormente all’82’, lasciando Walcott e Chamberlain in campo come elementi offensivi di spicco: il numero 14 ha l’incredibile palla del 4-2, ma il suo colpo di biliardo dal limite incoccia il palo interno e attraversa beffardamente tutto lo specchio prima di uscire sul fondo.
Nel finale succede, paradossalmente, tutto e niente: Fer di testa si mangia il pari, Bellerin e Walcott non chiudono due eccellenti contropiedi, ma il risultato resta sempre fisso sul 3-2. E finalmente, dopo quattro anni di tabù, l'Arsenal batte lo Swansea all'Emirates.