Dopo anni di mediocrità, dovuti anche se non soprattutto all'enorme vuoto lasciato da Sir Alex Ferguson, quest'anno lo United non si può nascondere: tanti investimenti sul mercato, un fenomeno pagato più che a peso d'oro ed un professore in materia di titoli nazionali, tanti giovani talenti ed un manager (IL manager) a cui sono stati assegnati pieni poteri dentro e fuori dal campo. Insomma, il messaggio è chiaro: con Pogba, Ibrahimovic, José Mourinho e compagnia cantante bisogna puntare (e possibilmente arrivare) al ventunesimo titolo della storia dei Red Devils.
L'inizio, quantomeno dal punto di vista dei risultati, è stato positivo, ma il mese di settembre ha riservato allo United tre sconfitte in otto giorni, tra cui le due pesantissime in campionato nel derby contro Guardiola ed il suo Manchester City e nella trasferta di Watford (3-1). I tre punti sono tornati, ma il pari contro lo Stoke prima della sosta ha riattivato il circolo di voci e commenti attorno alla squadra dello Special One.
Sul banco degli imputati sono finite diversi elementi: su tutti, Paul Pogba, indiziato numero uno data la testimonianza del bonifico del suo acquisto. Oltre cento milioni di sterline pesano eccome, soprattutto sulle spalle di un ragazzo di ventitré anni che in sette partite ha messo insieme un gol e zero assist. Ma, al di là della sprezzante ironia britannica (sui social network impazza lo schiacciante confronto tra diversi tagli di capelli, 4, e le reti segnate), sicuramente la questione Pogba è qualcosa di più profondo della storia di un fenomeno svogliato pagato più del suo valore reale. La cosa che spesso passa sottotraccia è che un ragazzo classe 1993 (1993!) sia già a tutti gli effetti un centrocampista totale, efficace box-to-box e ritenuto almeno da un paio d'anni nel firmamento europeo. Ovviamente Pogba, almeno al momento, non vale 110 milioni di euro, ma così come Sterling non ne vale 70, Otamendi non ne vale 50, Bale non ne vale 100, come tanti altri esempi di quel mercato malato e senza regola che ha il suo punto nevralgico proprio nei club di Premier, forti della ridistribuzione dei proventi del contratto televisivo che ha portato una vera e propria cascata di denaro alle varie proprietà.
Al di là delle aspettative generate dalla cifra monstre, comunque, altri fattori hanno influenzato l'inizio di stagione del francese. Con una sorta di operazione “alla Montolivo”, Mourinho è convinto di poter trasformare Pogba, una mezzala, in interditore e costruttore di gioco nel 4-2-3-1, nonostante l'ex-Juve abbia dimostrato più volte la sua affinità soprattutto col ruolo di trequartista. Proprio il diretto interessato ha parlato di questo cambiamento tattico nelle scorse ore: “Mourinho mi dà le sue istruzioni e io cerco di seguirle, ma mi devo adattare alle sue richieste. Il mio compito è cercare di recuperare palla, partecipare alla fase difensiva e giocare per la squadra, un tipo di gioco diverso da quello a cui sono abituato, mi chiede di giocare un po' come Pirlo". Non esattamente a suo agio nella parte, insomma.
La questione si complica poi se il perfetto partner per alleggerire un minimo le responsabilità del francese, tale Bastian Schweinsteiger, è relegato fuori rosa per lesa maestà dello Special One, col tedesco epurato ad inizio stagione senza neanche guardare il suo curriculum pluridecorato. Mourinho, quindi, è costretto a completare la mediana con giocatori che non aiutano l'adattamento di Pogba: dalla poca disciplina tattica di Marouane Fellaini alla staticità di Micheal Carrick, con appena una presenza concessa a Morgan Schneiderlin, che invece ha le stigmate di un potenziale compagno ideale. Tutto questo senza contare il poco apporto in copertura dei tre davanti: tra Martial, Lingard, Rooney, Mata e Mikhitryan nessuno è sembrato in grado di aiutare in maniera significativa i due mediani. Insomma, l'allenatore portoghese sembra chiedere al suo pupillo un grande salto tattico senza metterlo nelle condizioni migliori per farlo. Così, si rischia di sprofondare in un vicolo cieco.
Una possibile soluzione al problema sarebbe il cambio di modulo: un 4-3-3 che svincolerebbe Pogba dal ruolo di mediano “puro” riportandolo da mezzala, magari con un distruttore (qui si, Fellaini o Carrick) ed un costruttore (Ander Herrera su tutti) di gioco accanto a lui. Il francese sarebbe così libero di svariare in fase offensiva, di inserirsi come un centrocampista dinamico non rischiando di lasciare terreno scoperto, ma allo stesso tempo aiutare, quando necessario, con muscoli e corsa la fase difensiva. Il centrocampo a tre sarebbe comunque un incognita che, così come l'avanzamento dell'ex-Juventus nel ruolo di trequartista del 4-2-3-1, costringerebbe Mourinho a rinunciare a Wayne Rooney. Difficile ipotizzare un attacco a due punte, calcolato l'armamentario di esterni a disposizione del portoghese, ma allo stesso tempo il capitano dei Red Devils non ha corsa e dinamismo per essere usato sulle fasce in un tridente offensivo. Dopo il turbinio di polemiche legato all'esclusione dello stesso Rooney da parte del CT inglese Southgate per la sfida (poi pareggiata 0-0) contro la Slovenia, quindi, anche il Manchester si ritroverebbe a fare i calcoli col pensiero di lasciare in panchina la sua bandiera, magari ipotizzando un minutaggio in stile Totti, seppur a soli trent'anni.
Per ora si tratta solo di fantacalcio, soprattutto preso atto del fatto che rinunciare alla qualità ed alla visione di Rooney in questo momento della stagione, per Mourinho, rischierebbe di essere un suicidio mediatico e non solo. Se, conoscendo il soggetto, l'ipotesi è abbastanza remota, lo è ancor di più quella di un reintegro del già citato Schweinsteiger in gruppo. Insomma, lo Special One, come al solito, sembra convinto delle sue tesi ed ha intenzione di portarle avanti mettendosi in prima linea contro tutto e tutti. Dimostrazione di personalità, certo, ma ancora una volta, dopo il triste ritorno al Chelsea dello scorso anno con annesso esonero, la testardaggine e la mancanza di un bagno di umiltà potrebbero far precipitare Mourinho dal suo trono. Uomo avvisato.