Non poteva esserci sfida più affascinante per Josè Mourinho di quella di riportare ai vertici il Manchester United, reduce dalle stagioni difficili del post Alex Ferguson (esonerati sia David Moyes che Luis Van Gaal, nonostante l'olandese abbia portato l'anno scorso in bacheca una FA Cup). Josè Mourinho torna ad allenare, e lo fa sedendosi su una delle panchine più prestigiose al mondo (per sua stessa ammissione, "il Manchester United è di un altro livello, la squadra più importante d'Inghilterra", le parole dello Special One che non saranno piaciute ai tifosi del Chelsea). 

E proprio Sir Alex ha caldeggiato - per non dire imposto - l'arrivo del portoghese a Old Trafford, mentre la stampa britannica racconta di un Bobby Charlton quantomeno perplesso. Mourinho è sempre stato un allenatore da squadre di caratura internazionale ma per certi versi underdog per storia e tradizione. Il suo schema mediatico "io e il mio spogliatoio contro il mondo" non ha funzionato al Real Madrid e ha mostrato la corda nel terzo anno al Chelsea, in una parabola apparentemente discendente. Ma dopo almeno tredici anni sulla cresta dell'onda il lusitano ha ancora fame di vittorie e senza dubbio la capacità impareggiabile di annusare e cogliere l'umore dell'ambiente. Il suo primo United potrà far leva sul fuoco sacro della riscossa, del club glorioso relegato in Europa League, con un gigante come Zlatan Ibrahimovic pronto a vestire i panni del risolutore, dell'uomo che si carica un'intera squadra sulle spalle. Mou la mente, Ibra il braccio della reazione d'orgoglio Red Devils, in una stagione che vedrà l'esordio in Premier League di altri allenatori di grido, da Pep Guardiola ad Antonio Conte, con Arsene Wenger ancora sulla panchina dell'Arsenal e Claudio Ranieri nuovamente costretto a recitare la parte dell'outsider. Non possono sbagliare il nuovo United e il nuovo Mourinho, apparso lo scorso anno imbolsito e meno credibile come guida dei Blues. Ora l'occasione della rivincita, nel calcio più seguito al mondo e con il club obiettivamente più prestigioso d'Inghilterra. 

Ibrahimovic è stato solo il primo colpo di mercato dei Red Devils, che hanno aggiunto alla loro rosa il talento dell'armeno Henrick Mkhitaryan e la fisicità in difesa dell'ivoriano Eric Bailly (pagato trenta milioni al Villarreal), in un disegno tecnico che deve ancora essere delineato con margini precisi. Cosa farà infatti Mourinho di alcuni pretoriani di Van Gaal, come Blind, Fellaini, Mata e Lingard? Probabile uno sfoltimento della rosa: Michael Carrick ha già annunciato il suo addio a Old Trafford, Matteo Darmian non rientra nei programmi del nuovo staff tecnico, Bastian Schweinsteger è a fine carriera, Memphis Depay e Marcos Rojo dovranno disciplinare il loro gioco per non finire indietro nelle gerarchie dello Special One. 4-2-3-1 il modulo per eccelleza adottato dal portoghese negli ultimi anni, in cui Ibrahimovic e Rooney potrebbero scambiarsi il ruolo di prima punta a partita in corso, con Mkhitaryan terzo incomodo, in quanto più adatto a giocare da trequartista che da esterno d'attacco. Resta da capire come evolveranno sotto la guida di Mou due talenti disordinati e al momento senza un ruolo definitivo come Anthony Martial e Marcus Rashford, mentre è in mediana che potrebbe giungere almeno un nuovo rinforzo dal mercato. Schweinsteiger e Schneiderlin sono due doppioni difficili da far coesistere, Fellaini un lungagnone sempre in bilico, Ander Herrera giovane non ancora esploso del tutto. In difesa ci sarà da rigenerare la promessa Luke Shaw, reduce dalla lunga riabilitazione seguita dalla frattura di tibia e perone, oltre che da valutare le posizioni di Jones, Smalling e Blind.

Tutto nelle mani di Josè Mourinho, che riparte da dove forse avrebbe voluto cominciare, da quell'Old Trafford che segnò una delle sue prime grandi vittorie con il passaggio del turno con il Porto nei quarti di finale della Champions League 2004.