Il Leicester City di Claudio Ranieri è in testa alla Premier League con cinque punti di vantaggio sul Tottenham secondo, a sole sette partite dal termine del campionato. Ad inizio stagione, i bookmakers quotavano le Foxes 5000:1 per il titolo. Ad un passo da una delle più grandi imprese sportive della storia, analizziamo il miracolo in cinque punti chiave.
Finalmente Kasper, il figlio di Schmeichel
Prima di questa stagione, tutti si ricordavano delle fauci del padre Peter, miracoloso estremo difensore dello United degli anni novanta. Di lui, Kasper, figlio d'arte, cresciuto con la pallamamo, condannato ad una vita all'ombra di un modello irragiungibile, erano rimasti impressi solo gli errori di troppo. Come vuole la credenza popolare, “il talento salta una generazione”: Kasper sarebbe stato condannato più o meno per chiunque alle serie minori, come il suo Leicester, a guardare da lontano i palcoscenici più importanti.
E poi, il miracolo. Nella stagione forse più incredibile della storia del calcio inglese, il ventinovenne danese sembra aver raggiunto la piena maturità: sicuro tra i pali, straordinariamente reattivo, preciso nelle uscite e nei rinvii. Ma soprattutto, leader. Leader. Capace di alzare la voce quando serve, di richiamare i suoi all'attenzione, al sacrificio, di mostrare gli attributi, anche davanti a due tipetti non esattamente tranquilli come Wes Morgan e Robert Huth, che sommati possono vantare 376 cm di altezza e 200 kg di massa. Le manone dell'ex-Leeds dovranno tornare utili nel rush finale, soprattutto quando si troverà a difendere i suoi pali dagli attacchi di Manchester United, Everton e Chelsea nelle ultime due settimane di campionato, quelle che potrebbero rivelarsi cruciali in caso di arrivo al fotofinish.
Niente ricami
Nei polverosi campi dilettantistici, per intenderci dalla prima categoria in giù, c'è un grido che risuona ogni domenica, in ogni difesa di ogni squadra, forte come un grido di battaglia, come una dichiarazione di guerra: “SPAZZA!”. Spazza. In una parola, risiede tutto il mondo di chi sa di non avere la qualità per correre rischi, la personalità per uscire palla al piede dalla trequarti andando ad impostare con un “laser pass”, come fanno Alaba, Bonucci o Piquè. No, spiacenti, a Leicester nella metà campo difensiva si parla solo la lingua del pragmatismo. Huth e Morgan sono la fotografia perfetta: ignoranza calcistica, cuore e muscoli, grinta che sovrasta la qualità. Mai a cercare un anticipo azzardato, mai distratti su una diagonale. Nessun dribbling, nessun'apertura millimetrica, semplicemente chiusure dure, lotta senza quartiere e palla lunga per far brillare le stelle davanti. Tanto semplice quanto efficace. Una meravigliosa prova di umiltà: sfruttare i propri mezzi al meglio. Il tiki taka, il possesso palla, è altro: qui conta lottare per il risultato, non correre rischi, far sentire sicuri i compagni. E, vi concedo il dubbio di poter chiedere a un qualunque giocatore di Premier League, con Robert Huth e Wes Morgan dietro le spalle chiunque si sentirebbe un po' più sicuro.
The Italian Job, The Italian Joy
Claudio Ranieri. Se è vero che anche i miracoli hanno un fautore, il Cristo calcistico di questa storia non può non essere lui. Bisfrattato, emarginato, esonerato dall'Inter e dal Monaco, disastroso – per usare un eufemismo – da C.T. della nazionale greca, viene scelto lo scorso luglio dalle Foxes per portarle ad una tranquilla salvezza. Il resto è già storia, e potrebbe diventare leggenda: una squadra di lavoratori che suda con gioia, con l'amore per il gioco. “L'importante è che scendano in campo sempre da disperati” ha dichiarato il tecnico italiano. Ed è qui forse il più grande dualismo interno al Leicester: una squadra che gioca come all'oratorio, con la gioia dei ragazzini, col sorriso e la spensieratezza che tutti vorrebbero vedere su un campo da calcio; allo stesso tempo, però, l'atteggiamento è quello di chi ogni weekend gioca per la vita, come se nient'altro al mondo contasse più di quella partita, di quel momento, di quel pallone. E qui risiede tutta l'abilità del Ranieri comunicatore: capace di smorzare i toni e tenere tutti sulla corda quando le cose andavano benissimo (“l'obiettivo rimane sempre la salvezza”) per poi spingere sul gas quando il morale rischiava di crollare dopo le quattro partite senza vittoria tra dicembre e gennaio (“ho detto alla squadra: quest'anno è l'unico per vincere. Ora o mai più”).
Insomma, nessun passo falso né con le parole né sul campo, dove il suo Leicester sembra sempre quadrato, concentrato e pronto ad affrontare qualsiasi avversario tanto sul piano tattico quanto su quello mentale. Ranieri è una sorta di mago piovuto all'improvviso nel cuore della Gran Bretagna. Un mago umile, un mago che non ha bisogno di lamentarsi della dirigenza o degli arbitri, che non ha bisogno di stelle internazionali, e che festeggia le vittorie al pub con i tifosi. Un mago vestito da uomo comune.
L'importanza di chiamarsi N'Golo Kanté
Vedendo le partite del Leicester City, la sensazione è quella di trovarsi davanti ad una squadra di dodici giocatori. Su ogni rimpallo, su ogni marcatura, ogni tentativo di dribbling, i blu sono sempre in superiorità numerica. Il merito, oltre che dell'organizzazione tattica raramente deficitaria, è di un uomo solo. Francese, di origine maliana, 68 chilogrammi distribuiti su 169 centimetri, è lui il vero motore a ciclo continuo delle Foxes. Il suo lavoro copre ogni fase del gioco: a raddoppiare su entrambe le fasce, in rottura sulla trequarti, in impostazione sulla transizione offensiva. Il suo è un lavoro spesso invisibile, dietro le quinte, ma fondamentale. Sir Alex Ferguson lo ha già eletto miglior giocatore della stagione in Premier League, e solo un folle potrebbe contraddirlo. Non è un caso che Kanté sia in cima a quasi tutte le statistiche difensive: tra queste tackles riusciti a partita (4.4, secondo dietro ai 4.6 di Leiva), ed intercetti (4.2, secondo dietro ai 4.6 di Gueye). Spesso è paradossale quanto riesca ad essere presente in difesa ed in attacco, non sembra possibile per un solo essere umano coprire una tale superfice di campo con una tale continuità. Mezza europa gli ha già messo gli occhi addosso: riusciranno le Foxes a tenerselo stretto questa estate?
Vardy e Mahrez
I media di tutto il mondo hanno finito le parole per descrivere la coppia che sta ribaltando qualsiasi equilibrio esistente: un ex-operaio ed un algerino dai piedi fatati pescato in Ligue 2, la serie b francese, due poli opposti del mondo del calcio. Uno silenzioso, subdolo, pronto a pungere in ogni momento; l'altro narcisista, giocoliere, fonte inesauribile di giocate da replay. 19 gol per Vardy, 16 per Mahrez, mentre per quanto riguarda gli assist i due si trovano rispettivamente a quota sei ed undici. In totale, quindi, la coppia ha propiziato o realizzato cinquantadue delle cinquantaquattro reti totali. Nessun'altro in territorio oltremanica è riuscito a totalizzare cifre simili.
Ma al di là delle statistiche, è il fattore psicologico a determinare lo strapotere di Vardy e Mahrez: ad esempio, oramai gli avversari triplicano la punta inglese, aspettandosi una conclusione da qualsiasi posizione, in qualsiasi condizione di equilibrio e visione. Quello provocato da Jamie Vardy in area di rigore è un panico insensato ma allo stesso tempo naturale: ha dimostrato di poter segnare di destro, mancino, di testa, da dentro e da fuori area. In una parola? Inarrestabile. Ma non solo: dopo aver battuto il record di Van Nisterlooy trafiggendo undici difese diverse consecutivamente, il working class hero (per citare John Lennon), ha dimostrato di poter sfruttare la sua posizione anche per fare sponde e liberare spazi attorno all'area di rigore per i compagni.
Lo stesso procedimento mentale, che ricorda quello delle difese NBA al cospetto di Stephen Curry, scatta anche contro i dribbling di Riyad Mahrez: pochissimi hanno il coraggio di affrontarlo in uno contro uno senza aspettare il raddoppio. Anche quando passeggia spostando pigramente il pallone per la sua zona di campo, tutti sono perfettamente consapevoli di come nel taschino nasconda un trucco, una magia pronta da sfoderare per creare la superiorità sulla trequarti. Capace di dribblare verso l'interno tanto quanto lungo la fascia, l'algerino si sta scrollando di dosso il classico epiteto di “giocatore in ciabatte” grazie ad una serie di partite non solo scintillanti, ma concrete, solide, sia in fase di impostazione che per quanto riguarda l'aiuto in copertura. Il pulcino che diventa fenice, il giocoliere che diventa mago. Ora, tutte le difese hanno paura della coppia terribile del campionato: Jamie Vardy e Riyad Mahrez.