Qualche volta, le parole non servono, bastano le immagini.
Diventare una bandiera è difficile, ma Steven Gerrard ci è riuscito alla grande. Anche le più belle storie hanno però una fine, ed oggi è stato un giorno triste non per una città, non per una squadra, non per dei tifosi, ma per una cultura: quella calcistica.
Quando tutta la squadra entra in campo recando una maglia col tuo nome sulla schiena, è difficile trattenere le emozioni. Sia per Stevie che per gli spettatori non è sicuramente stato facile non versare lacrime di commozione.
Crescere fino a diventare l'emblema, il simbolo. Per poi arrivare all'addio, trovando uno stadio che ringrazia e omaggia.
Non solo i tifosi, ma anche i compagni: Mario Balotelli ha scritto qualche riga dedicata al numero 8, ringraziandolo per l'anno trascorso insieme.
Caratteristica che contraddistingue certi campioni è in primis l'umiltà. Quell'umiltà che alla leggenda del Liverpool non manca, lui che ha vestito per 17 anni quella maglia rossa, lui che ha alzato al cielo anche una Champions League. Lui, tributato in ogni stadio dove è passato, compresi quelli dei rivali. Lui, che ha detto questo:
"Sono stato solamente un tifoso del Liverpool che ha reso i suoi sogni possibili sul campo, con la divisa dei Reds addosso. E' ciò che ho sognato sin da bambino"
Beh, nei cuori e negli occhi degli appassionati la sua immagine resterà indelebile, con quel rosso fuoco addosso. Non importa la fede calcistica, in certi momenti bisogna solamente alzarsi e applaudire. Inchino. Chapeau, Stevie-G.