Vivere all’ombra di Arsenal e Chelsea non ha mai spento l’entusiasmo del Tottenham, che negli ultimi anni è di nuovo tornato competitivo dopo troppe stagioni anonime. Il trofeo più recente è la League Cup del 2008, ma nonostante questo la bacheca degli Spurs è palesemente “in bianco e nero” : sono lontani i tempi dell’ultima FA Cup conquistata (stagione 90/91 con Gary Lineker e Paul Gascoigne in campo) e ancora più remoti sono i successi europei (Coppa Uefa 83/84) e l’ultima Premier League (stagione 60/61 quando gli Spurs conquistarono addirittura uno storico double).
L’attuale presidente Daniel Levy, in carica dal 2001, ha mostrato sempre un ottimo fiuto per gli affari - specie quelli in uscita, vedi Luka Modric e Gareth Bale - ma anche una eccessiva mancanza di pazienza verso gli allenatori, come evidenziato dalle brusche interruzioni dei rapporti con Harry Redknapp e Andre Villas-Boas. Il bicchiere mezzo pieno è rappresentato dal suo impegno e dedizione verso la causa Spurs, incluso il progetto del nuovo White Hart Lane che dovrebbe essere pronto nel 2017 e che sorgerà nell’area adiacente all’attuale stadio.
STAGIONE PASSATA – La scorsa estate, la cessione di Bale al Real Madrid aveva aperto un vuoto all’interno della rosa che era stato colmato da numerosi arrivi. Nonostante una buona partenza, la nuova rosa aveva faticato ad ingranare e due disfatte (il 6-0 esterno contro il Manchester City ed il 5-0 casalingo con il Liverpool) furono fatali a Villas-Boas, rimpiazzato poi da Tim Sherwood - fino a lì direttore dell’Academy e con esperienza solo a livello di squadre giovanili. L’allenatore portoghese ci aveva forse messo del suo con qualche errore di formazione ed atteggiamento tattico, e con rapporti controversi con alcuni giocatori (Emmanuel Adebayor era finito infatti fuori rosa), ma ovviamente AVB non era l’unico male degli Spurs.
Sherwood, nel suo breve regno era riuscito anche a partire bene – guadagnandosi il rinnovo contrattuale – ma alla fine i vecchi problemi erano di nuovo ritornati a galla: il sesto posto finale e la conseguente qualificazione all’Europa League erano stati un contentino troppo misero per Levy, il quale appena finita la stagione aveva attivato la ricerca di un nuovo allenatore, il decimo in 13 anni, culminata con l’arrivo di Mauricio Pochettino a White Hart Lane.
CAMPAGNA ACQUISTI – Rispetto alla scorsa estate, gli Spurs si sono mossi con cautela sul mercato, effettuando acquisti mirati e funzionali al progetto. Il terzino sinistro gallese Ben Davies ed il portiere olandese Michel Vorm sono arrivati dallo Swansea, mentre in difesa il nome nuovo è il ventenne inglese - cresciuto però fra Spagna e Portogallo - Eric Dier, prelevato dallo Sporting Lisbona.
Sul fronte partenze finora solo Gylfi Sigurdsson ha fatto rientro a Swansea, mentre ci sarà da capire come Pochettino gestirà la situazione di alcuni uomini in surplus. In difesa vi sono cinque centrali per due posti e Younes Kaboul è quello più indicato a partire, mentre a centrocampo il giovane algerino Nabil Bentaleb, dopo l’exploit della scorsa stagione, potrebbe finire in prestito per poter completare la propria crescita. Simile anche la situazione del talentuoso Tommy Carroll che avrà poco spazio nel ruolo di mezzapunta così come Nacer Chadli e Sandro potrebbero essere sacrificati per far posto a giocatori con caratteristiche più adatte al nuovo sistema di gioco.
PUNTO DI FORZA E PUNTO DEBOLE – Nella sua avventura ai Saints, Pochettino aveva trasformato un gruppo di giocatori composto da semisconosciuti e teenager usciti dal locale vivaio in una solida squadra, capace di tener testa alle grandi d’Inghilterra. La sua “mano” ed il lavoro di trasformazione rappresenteranno il valore aggiunto alla rosa, già competitiva, degli Spurs.
Viceversa, ci sarà da capire come la rosa del Tottenham riceverà le nuove direttive e se tutti i giocatori avranno caratteristiche compatibili con il nuovo atteggiamento in campo. Già con AVB, la difesa aveva adottato la “linea alta” e la trappola del fuorigioco, tuttavia giocatori come capitan Michael Dawson e Kaboul erano apparsi totalmente inadatti a quel tipo di tattica. Con Pochettino i centrocampisti offensivi avranno specifici compiti di pressing e di copertura, cosa che i vari Lallana, Ward-Prowse e Jay Rodriguez eseguivano alla perfezione al Southampton. Erik Lamela, Christian Eriksen, Aaron Lennon, Chadli e Holtby hanno tutti spiccate caratteristiche offensive ma poca propensione al lavoro sporco. Riuscirà il tecnico argentino ad inculcargli la mentalità giusta e lo spirito di sacrificio?
Con 94 goal in Premier League, Adebayor è uno dei bomber più prolifici in circolazione, ma la sua inaffidabilità dal punto di vista caratteriale è cosa risaputa, mentre Roberto Soldado ha segnato solo sei volte (di cui ben quattro su rigore) nella sua prima stagione in Inghilterra. A completare il reparto d’attacco c’è il giovane promettente Harry Kane (classe ’93) che ha fatto vedere buone cose ma che necessita ancora tempo per esplodere definitivamente. L’assenza quindi di un bomber affidabile al 100%, potrebbe essere un ulteriore handicap.
L’ALLENATORE – Discepolo di Marcelo Bielsa – allenatore che lo lanciò diciottenne con i Newell’s Old Boys - e del suo gioco offensivo, Mauricio Pochettino ha azzittito tutti i dubbiosi non appena ha messo piede sulla panchina del Southampton nel gennaio 2013. Reduce da una buona esperienza con l’Espanyol, sebbene culminata con l’esonero, l’allenatore argentino sembrava una scelta rischiosa per i Saints, anche per la sua evidente difficoltà iniziale di comunicare in inglese.
Tuttavia, settimana dopo settimana, è stato il campo a parlare. Pochettino non solo ha consentito al Southampton di navigare in acque tranquille, ma lo ha fatto proponendo un rivoluzionario gioco offensivo che ha creato numerosi grattacapi a tutte le grandi d’Inghilterra.
Era logico quindi che l’allenatore argentino – che adesso parla bene l’inglese, nonostante si nasconda ancora dietro l’uso dell’interprete – sarebbe stato avvicinato da squadre ben più ambiziose dei Saints, con il Tottenham come occasione perfetta per provare se stesso a livelli più alti.
STILE DI GIOCO – Pressing asfissiante, rapidità nei ribaltamenti di fronti, spiccata propensione ad attaccare: questo è il calcio proposto da Pochettino, dove tutto dovrà essere sviluppato nel minor tempo possibile per non dare la possibilità all’avversario di ragionare. Nessun giocatore in campo è poi escluso da specifici compiti, a partire dal portiere il cui ruolo è quello di avviare l’azione. Con l’estremo difensore in possesso della palla i due terzini infatti avanzano sensibilmente sulle fasce, i centrali si allargano ed il mediano si abbassa a ricevere palla, creando almeno quattro sbocchi d’uscita (passaggio laterale, palla corta ad un centrale, palla al mediano o lancio lungo verso il centravanti).
Di vitale importante è comunque il ruolo degli attaccanti. Il centravanti sarà multifunzione, abile sia a rientrare ed aprire spazi, sia in grado di finalizzare in area e dovrà abbinare presenza fisica a discreta tecnica. Le mezzepunte invece saranno quelle che sposteranno l’ago della bilancia, fiondandosi nei varchi creati, ma altrettanto bravi e diligenti nel rientrare e pressare la difesa avversaria quando gli Spurs non avranno il controllo del pallone.
La difesa avrà la linea alta, e i due mediani dovranno assicurare protezione e sostanza per evitare che gli avversari trovino spazi da esplorare. In assenza di disciplina tattica infatti, il tipo gioco offensivo praticato da Pochettino è rischioso da mettere in atto e gli avversari potrebbero giovare del gap che spesso viene a crearsi fra la linea mediana e quella difensiva. Anche il movimento dei terzini, inclini alla spinta sulla fascia, spesso espone a rischi eccessivi la retroguardia costringendo ai centrali di uscire e sfasando quindi la linea difensiva. Fondamentale quindi che gli Spurs assimilino il prima possibile i meccanismi e le idee del tecnico argentino.
LA FORMAZIONE TIPO – La formazione tipo utilizzata da Pochettino è il 4-2-3-1, le cui variazioni saranno il 4-4-2 (con due attaccanti di ruolo accoppiati) o 4-3-3 con un centrocampista in più per garantire maggior controllo del gioco in mezzo. In porta gli Spurs hanno quello che è considerato da molti il miglior portiere della Premier League, ovvero il francese Hugo Lloris con Vorm e Friedel come ottime riserve. In difesa a destra, se integro fisicamente, Kyle Walker sarà il titolare a destra mentre sulla fascia opposta troviamo Ben Davies. La coppia centrale titolare dovrebbe essere composta da capitan Dawson e Vertonghen mentre Chiriches e il neo acquisto Dier potrebbero trovare spazio durante la stagione. In mezzo al campo il mediano con compiti difensivi è il francese Capoue, preferito a Sandro, mentre il ruolo del box-to-box sarà affidato al brasiliano Paulinho.
Davanti al momento c’è l’imbarazzo della scelta a livello qualitativo, con Lamela, Eriksen ed Holtby favoriti su Lennon, Chadli e Townsend. Con la Roma, Lamela giocò spesso come ala destra e probabilmente Pochettino potrebbe rilanciarlo lì, impiegando così Holtby o Eriksen al centro e Lennon, oppure lo stesso Eriksen, sull’esterno sinistro. Ovviamente i titolari verranno scelti non solo in base alla qualità, ma soprattutto sull’affidabilità nell’osservare le indicazioni tattiche. Stesso principio varrà per l’attacco dove Soldado ed Adebayor – il togolese è da poco rientrato in squadra dopo aver avuto la malaria - al momento sembrano avere eguali chance di competere il ruolo di centravanti, con Kane, generoso e diligente nella fase di pressing, che potrebbe essere utilizzato nel caso in cui Pochettino schieri il 4-4-2.
ASPETTATIVE – Risultati e bel calcio: questo il cocktail che Levy vuol vedersi servire dal suo nuovo allenatore. In Premier League il Tottenham inseguirà un piazzamento in Champions League, mentre puntare seriamente ad un trofeo – gli Spurs competeranno in Europa League, oltre che in League Cup ed FA Cup – sarà un ulteriore obbligo per Pochettino, unito alla responsabilità di farlo, praticando un calcio attrattivo.