Denigrato, vituperato, derubricato a "ventidue ragazzotti in mutande che corrono dando calci a un pallone". Poi guardi gli ultimi secondi di Watford-Leicester e capisci perché ad ogni angolo del globo ci sono milioni e milioni che sognano di essere, almeno un giorno nella propria vita, quel ragazzotto in mutande.
Vicarage Road, ritorno della semifinale playoff per la promozione in Premier League. All'andata il Watford è stato sconfitto per 1-0 del Leicester. Il Watford italiano, il Watford del presidente Pozzo e del piccolo grande Gianfranco Zola, sulla panchina degli Hornets dall'estate 2012. Al 15' il gioiellino Vydra porta in vantaggio i padroni di casa. Neanche il tempo di esultare che, 4 minuti dopo, Nugent pareggia per per le Foxes. Nella ripresa ci pensa ancora Vydra a smuovere il risultato: 2-1 Watford. Basterebbe solo per i supplementari.
Già, perché i playoff inglesi sono magnifici e crudeli. Non vale doppio il gol in trasferta. Non valgono gli scontri diretti in campionato. Non vale il miglior piazzamento dopo 46 partite di Championship. Puoi aver dato 30 punti di distacco all'avversaria, ma ti devi giocare tutto in quei 180 minuti. Ed allora l'arbitro Oliver è già pronto a traghettare i due team ai supplementari, dopo ben 7 minuti di recupero per infortunio di Ekstrand. Ma un fallo in area dei Golden Boys al 95' gela lo stadio. Rigore per il Leicester.
Sulla palla va il numero 24 Anthony Knockaert. Di fronte a lui Manuel Almunia, l'ex Arsenal caduto in disgrazia sportiva e precipitato a suon di papere nella Championship. L'esito sembra scontato. Sembra. Oliver fischia. 96'32'', Knockaert calcia col sinistro dal dischetto verso la porta avversaria. 96'33'', Almunia respinge coi piedi e lo stadio strozza l'urlo in gola, perché la palla torna sui piedi del centrocampista biancoblu. 96'34'', Knockaert calcia di nuovo, Almunia fa muro col corpo e il boato del Vicarage Road esplode. Quasi nessuno fa caso al pallone, scagliato con violenza fuori dall'area da Marco Cassetti, ex Roma e Lecce.
Persino le telecamere staccano per omaggiare Almunia, ma gli occhi del fu Gunner sono già nell'altra metà campo. Minuto 96'48'': un altro "italiano", Ferdinando Forestieri, si allarga sulla destra e scodella un pallone al centro. Preciso, per Hogg. Kasper Schmeichel, il figlio del leggendario Peter, prova a smanacciare la sfera via dalla testa dell'avversario, ma la strada che lo separa dal genitore è ancora lunga. 96'50, la sponda del centrocampista inglese è morbida e rotola rimbalzando verso il dischetto del rigore.
96'52'': venti secondi dopo aver visto il baratro, un ragazzotto in mutande con la maglia gialla e il numero 9 sulla schiena calcia un altro rigore, stavolta in movimento. E quando scaraventa in porta il pallone, l'impressione è che stiano tremando le fondamenta dello stadio e forse dell'intera città. Il 25enne Troy Deeney è quel ragazzotto in mutande che tutti avremmo voluto essere. Per provare il brivido di buttare via la maglia, di tuffarsi oltre la recinzione che non c'è ed annegare tra le braccia dei tifosi, mentre mister Zola corre e scivola sul prato, in una esplosione di gioia fanciullesca al pari della stazza.
Se un giorno vi chiederanno perché amate il calcio, non perdete tempo a formulare risposte articolate, tecniche o sentimentali. Cliccate su play e fate partire questo video. Basterà.