Non è stata la sconfitta patita, meritatamente, contro degli ottimi Grizzlies e nemmeno l’inizio di stagione con già due sconfitte su tre partite disputate, cosa più unica che rara per i Golden State Warriors, bensì la frustrazione e il nervosismo espresso, in maniera plateale, da Stephen Curry e compagni nei minuti finali della gara contro Memphis a destare scalpore. Un finale di partita turbolento che non solo ha causato l’espulsione della point guard, ma anche di Kevin Durant, sicuramente i due giocatori più rappresentativi della dubnation. Un paradenti lanciato al suolo, pericolosamente vicino all’arbitro che, secondo Curry, non gli aveva fischiato un fallo sulla sua penetrazione, è lo specchio dello stato d’animo dei campioni in carica, apparsi decisamente in ritardo di condizione non tanto in attacco, quanto in difesa, vero marchio di fabbrica della squadra che lo scorso anno ha dominato la lega. Un gesto quantomeno opinabile, quello di Curry, non particolarmente avvezzo a questo tipo di scene, che ha destato scalpore almeno tanto quanto la sconfitta patita e che denota un clima non sereno in una squadra forse fin troppo abituata a sbaragliare ogni tipo di avversario sul suo cammino.
“Non ho lanciato il mio paradenti all’arbitro. È stato un gesto di frustrazione” così il figlio di Dell giustifica l’accaduto immediatamente dopo la conclusione dell’incontro, così come lo stesso Durant che dichiara di aver semplicemente chiesto il fallo sulla giocata precedente del compagno di squadra. Curry inoltre ha ammesso chiaramente l’errore commesso : “In quell’ultima giocata ho subito fallo e la mia rabbia è esplosa. Ho agito stupidamente e meritavo di essere esulso. Imparerò da questo e farò in modo che non si ripeta”. Un’ammissione di colpe che tuttavia non escluderà per il numero 30 una sanzione disciplinare oltre che pecuniaria per il gesto, quantomeno opinabile. Coach Steve Kerr dal canto suo ha cercato, sarcasticamente, di stemperare la tensione sull’episodio: “Penso debba subire otto o dieci giornate di squalifica. È stato oltraggioso, orribile e pericoloso per le migliaia di persone presenti” dichiarazioni che non lasciano spazio ad interpretazioni su una situazione che, a parere di Kerr, sta ingiustamente diventando un affare di stato.
Lo stesso gesto di Kevin Durant, il quale durante la sua uscita dal campo ha indicato il suo anulare ai tifosi del FedExForum (a simboleggiare l’anello di campione NBA), è stato oltremodo oggetto di polemiche e critiche, pur trattandosi di una cosa piuttosto comune nel mondo cestistico americano, come lo stesso KD35 dichiara: “Fa tutto parte del gioco, è divertente. Loro ci infastidiscono, ci chiamano per nome, ma è tutto un gioco, senza nulla di serio o di personale”. Warriors che utilizzano l’arma dell’ironia per scacciare il polverone mediatico che la sconfitta e le reazioni sopra le righe dei loro leader hanno sollevato, ma che non riesce a nascondere una situazione di fondo che, a lungo andare, potrebbe destare qualche preoccupazione per i loro fan.
Come già detto la squadra è apparsa ampiamente al di sotto dei suoi consueti standard difensivi, compiendo rotazioni lente e non contrapponendo la giusta attenzione all’ottimo attacco di Memphis che, come un coltello nel burro, ha trovato varie volte punti facili nel pitturato, cosa impensabile per il sistema che tanto aveva fatto penare chiunque nella scorsa stagione. Necessaria per la squadra della baia, sarà ritrovare al più presto una condizione ottimale, per iniziare anche solo a mandare un messaggio, alla lega e al mondo, che i campioni in carica sono intenzionati a ripetersi, più sul campo che a parole. Automatismi difensivi, intensità impareggiabile ed energia che la propria difesa sa trasmettere al formidabile attacco, sono elementi imprescindibili che i californiani dovranno ripristinare in fretta, a cominciare dagli uomini di riferimento.
Sicuramente tre partite, a fronte dell’enormità della sola stagione regolare, appaiono poca cosa, ma se è vero che chi ben comincia è a metà dell’opera, allora a questi Warriors servirà un deciso cambio di marcia per riconfermarsi padroni di una western conference che mai come quest’anno promette livelli di gioco altissimi e tanto equilibrio, anche se, fortunatamente per Kerr e il suo staff, di tempo e di partite per aggiustare il tiro ce ne sono in abbondanza.